Newsletter n°1 - Febbraio 2020

Sab, 01/02/2020 - 12:47 -- nazionale

Cari amici,

eccoci al nostro appuntamento periodico. In fondo alla Newsletter trovate i link ad alcuni articoli presenti nel sito e le locandine di alcuni appuntamenti di queste settimane. In primo luogo l’incontro che terremo il prossimo 22 febbraio all’Abbazia di Viboldone quelli svolti sui territori, in particolare l’iniziativa di Senigallia e quella di Battipaglia.

Vi invito inoltre a leggere il Comunicato con cui abbiamo aderito, come associazione, al Manifesto di Assisi in tema di Climate change e la Nota politica sulle elezioni amministrative così come la lettera del CERSES sulla ristesura della rete associativa. Gli amici del comitato scientifico, infine, stanno mettendo a punto una versione integrata del “Libro bianco” che presenteremo alla Camera in una conferenza stampa insieme ad alcune proposte di legge.

Vi propongo di seguito alcuni appunti presi in margine alla tornata elettorale di domenica scorsa, come possibili spunti di dibattito.

 

ANTICORPI, MA NON SOLO…SERVE BUONA POLITICA

Nella Nota politica abbiamo fatto riferimento alle elezioni in Calabria, vorrei qui sottolineare un aspetto legato al test Emiliano Romagnolo. In questo caso un contributo al risultato viene indubbiamente dalla mobilitazione delle “Sardine” nelle piazze. Un fenomeno su cui occorrerà riflettere, specie per comprenderne gli sviluppi, ma intanto occorre prendere atto della positività avuta dal loro mobilitarsi sollecitando un risveglio civico e diffondendo anticorpi democratici che hanno sconfitto un pensiero negativo, un sentire diffuso affidato più agli istinti che alla razionalità. Aspettiamo con interesse quanto diranno nel congresso che hanno annunciato per il prossimo 8 marzo. È evidente però fin d’ora come nessun partito possa, ne debba, cercare di metterci il cappello. Se il PD ad esempio riconosce la positività del movimento, non deve fare appelli o dichiarare la sua apertura, bensì deve semplicemente fare una buona politica, che possa essere attrattiva. È una buona politica, portata avanti in maniera chiara e coerente, che può divenire interessante anche rispetto gli elettori mobilitati dalle Sardine. Non si tratta pertanto di dare loro rappresentanza, quanto di realizzare una buona proposta politica, evitando conflittualità e non lasciandosi catturare dalla dinamica dell’invettiva e della polemica continua.

Anche la Chiesa, caratterizzata in regione da una chiara linea di accoglienza, ha avuto il suo ruolo lasciando isolati, anche in questo caso, gli istinti fondamentalisti dal facile barrito identitario: l’estremismo teodem non paga. Non è un caso che a Bibbiano il cosiddetto partito della famiglia abbia avuto solo due voti. I problemi sono più seri delle polemiche strumentali.

Anche il voto disgiunto ha fatto la sua parte. Anche se i 5stelle dopo la sconfitta umbra in cui erano alleati con il PD, hanno scelto di andare da soli, ottenendo un magro risultato. A volte in politica pagano i nervi saldi.

Un altro aspetto da considerare in margine al voto di domenica è rappresentato da un ulteriore sintomo di una politica che non funziona. Mi riferisco al fatto che nelle campagne elettorali amministrative si assiste sempre più spesso ad uno spostamento di soggetto dal locale alla politica nazionale.  In tal modo si trascurano i problemi del territorio e le proposte di soluzioni spostando il dibattito tra l’altro non su grandi posizioni politiche bensì sul gossip e su polemiche personalistiche

Si è trattato di un voto amministrativo, ma sullo sfondo possiamo vedere gli effetti dell’ultima consultazione europea: quel risultato ha fatto da antidoto alle sirene leghiste; la scelta di Salvini di spostare il test sul piano nazionale ha indirettamente favorito la mobilitazione di coloro che non condividono la politica muscolare e l’isolamento sovranistico cui l’accoppiata Salvini-Meloni non può che alludere.

 

IL GOVERNO E LA MAGGIORANZA

In un sistema a democrazia parlamentare non vi è collegamento tra elezioni locali e maggioranza parlamentare che si definisce, appunto, in parlamento in base ai voti ricevuti alle elezioni politiche. Sarebbe però miope non prendere atto di una tendenza che denuncia l’erosione o meglio la frana di consensi che ha investito il maggiore partito di governo. Cosa faranno i 5stelle? Sapranno ricavare velocemente un insegnamento compiendo scelte radicali che, a costo di perdere pezzi, li porti verso una prospettiva più politica che li renda affidabili compagni di governo su obiettivi condivisi? È un tema interno ad un partito ma che ha notevoli conseguenze sul quadro d’insieme.

I 5stelle si trovano di fronte ad un bivio e debbono operare una scelta da cui dipende il loro futuro e in certa misura anche il futuro del quadro politico. Quando si riuniranno a marzo per gli stati generali dovranno necessariamente scegliere una collocazione e un programma più omogeneo e compatibile con la maggioranza di governo. Volendo inseguire una ipotetica terza via, legata esclusivamente alle “esigenze dei cittadini” li ha infatti resi contraddittori penalizzandoli e non ha contribuito a stabilizzare il quadro politico nell’impossibilità di fare con loro alleanze stabili.

Se più di un aspetto potrebbe far pensare ad una fine di legislatura vi sono altri fattori, di peso, che vanno in direzione opposta. Dall’evidente volontà di autoconservazione degli eletti alle preoccupazioni più volte espresse dal contesto europeo e dallo stesso Quirinale. Anche per questo occorre agire se questo significa per il PD scelte da farsi con urgenza, nel caso dei 5stelle il problema è ancora più complesso in quanto le recenti sconfitte hanno mostrato le molte anime spesso incompatibili e l’inadeguatezza del gruppo dirigente.

Il problema è legato anche all’agenda politica dove i 5stelle, pur con tutte le divisioni interne che la cosa potrà procurare, dovranno modificare o mitigare alcune posizioni e pretese, a cominciare dalla prescrizione su cui è indispensabile intervenire con una mediazione. Il governo non può durare per altri tre anni se non si chiarificano obiettivi e scelte. Ma si tratta di un’operazione tutt’altro che facile, in un quadro politico che dopo questo passaggio, risulta profondamente modificato.

A sua volta il PD dovrebbe avere la prontezza di approfittare di questo momento di respiro (non si può ancora parlare di un’inversione di tendenza) per offrire al Paese una proposta politica di qualità, che possa raccogliere un consenso ampio nel centrosinistra su obiettivi chiari aderenti alle domande di fondo che vengono dal Paese.

Il PD in sostanza non può pensare di aver risolto i suoi problemi con il test emiliano romagnolo. Troppo grande il numero di regioni passate al centrodestra e troppo evidenti sono i rischi che nella tornata di primavera si confermi questa tendenza. Il tempo è poco ed è necessaria una decisa azione politica per far sì che il successo di domenica non rimanga un caso isolato ma diventi un propulsore su di un cammino che va individuato e comunicato quanto prima. D’altra parte va considerato che, con tutte le difficoltà dell’ultimo periodo e due scissioni subite, il PD ha preso il 34%; un dato significativo che sta a dire come i problemi non siano risolti, ma una strada si apre. L’analisi dei flussi in Emilia Romagna offre inoltre un dato interessante, ovvero il recupero da parte del PD di una quota del suo elettorato che era andata sui 5stelle, movimento che passa dal 27,5% delle politiche al 12,9 delle europee al 4,7.

Zingaretti a ridosso del voto ha sottolineato più volte che ora il PD è un partito unito, è importante che questa affermazione trovi un riscontro nelle scelte che vanno fatte a breve. Serve infatti un partito unito nella sua dialettica democratica, senza tatticismi e distinguo furbeschi per cercare spazi in tribuna, ma allo stesso tempo serve un partito aperto.

 

PARTITO APERTO

Nel dibattito è intervenuto anche Prodi per dire che nei momenti di crisi “i partiti si devono aprire” e per chiedere che Zingaretti riformi e spalanchi le porte del PD “convochi una grande assise aperta a tutti, per discutere come la politica deve interpretare i grandi cambiamenti della società”. La politica deve ricominciare a pensare al futuro, sostiene Prodi, rispondere alle nuove domande e coinvolgere personalità e aggiunge: “bisogna uscire dalla logica della nomenclatura e della cooptazione che attualmente domina il PD”. È una prospettiva importante che non si può che condividere.

Il PD che dovrà affrontare i prossimi mesi e anni non può essere unito solo da una sorta di patto tra le correnti, occorre vedere in che termini trovare un rapporto non conflittuale con i 5stelle e aprire nei fatti ad un’intesa con il mondo civico. Espressione molto usata ma spesso con significati assai diversi.

Dell’apertura del PD dovrà far parte anche una diversa considerazione per l’area cattolica che, in questa fase, rischia di essere attratta allo stesso tempo da sirene identitarie e valoriali in ipotetici soggetti di centro, o peggio di destra, o allontanata a causa delle rigidità laicistiche di una parte della sinistra. Senza esagerare nei termini si può dire che esista una “questione cattolica” nel PD che ritengo non possa essere risolta né sovrapposta integrando alcune componenti post-democristiane e post-Margherita, né dall’eventuale rapporto preferenziale con questo o quell’ecclesiastico. Se si guarda al Paese occorre qualcosa di più. Proprio sui grandi temi che caratterizzano la Chiesa di papa Francesco e che troviamo nella Laudato sì e su cui, anche nel contesto ecclesiale, il consenso è faticoso, occorre individuare lealmente alcuni punti programmatici su cui accogliere, in un dialogo aperto, la cultura e l’elaborazione politica fatta alla luce dell’ispirazione cristiana. Cosa che va fatta non in astratto, sui valori, bensì elaborando concrete proposte politiche. I problemi sono tanti ma vanno scelte alcune priorità.

Provo ad esemplificare: una priorità è il lavoro così come le politiche familiari in grado di sostenere il ruolo indispensabile della famiglia contrastando la crisi demografica. Tra le priorità vi è l’ingiustizia sociale, la necessità di intervenire sui cambiamenti climatici, con politiche lungimiranti, così come una lotta più efficace all’evasione fiscale che tante risorse sottrae al bene comune.

Una priorità è anche l’offerta formativa, la scuola, l’università, la ricerca, realtà oggi terremotate dalle molte riforme bricolage e senza prospettiva. Una realtà per cui occorre un progetto di lunga portata.

Una riforma vera e complessiva dell’offerta formativa e, insieme, l’impegno nei prossimi anni di dedicare nelle leggi di bilancio ingenti risorse al mondo della scuola e della ricerca. Solo con la competenza diffusa non ci ritroveremo a discutere a vuoto degli stessi temi nei prossimi anni. E solo così il Paese potrà affrontare due temi fondamentali di politica industriale: la diffusione della cultura dell'innovazione e quella, troppo sottaciuta, del passaggio generazionale: un mix potenzialmente di svolta che se non affrontato prima di tutto con le competenze e poi in un quadro giuridico fiscale più favorevole, può procurare la vera desertificazione industriale-economica del Paese.

 

MAGGIORITARIO O PROPORZIONALE

Sullo sfondo del confronto amministrativo sta anche il dibattito sul sistema elettorale, così come torna anche il tema del partito, dei partiti. È ancora Prodi a far notare come il calo dei consensi dei 5stelle sia dovuta anche alla mancanza di un’organizzazione di partito. Ma si tratta di una mancanza generalizzata del panorama politico che lascia la formazione del consenso in balia della sola comunicazione mediatica, senza che vi siano terminali diffusi sul territorio, un’attività di dibattito o di costruzione del consenso. È anche questo un tema su cui è urgente fermare l’attenzione. Da troppi anni infatti assistiamo al disfacimento delle vecchie forme partitiche e alle grandi difficoltà di porre in essere forme nuove capaci di assolvere allo stesso compito democratico.

Più di un osservatore ha visto, nel voto di domenica, una sorta di ritorno alla dinamica bipolare con una tendenza degli elettori a confluire su una delle possibili alternative. Un orientamento in controtendenza rispetto un orientamento prevalente nelle forze politiche di ritorno al proporzionale.

Zingaretti da parte sua ha dichiarato che il PD ora ha l’obiettivo di costruire “un campo democratico”, aggiungendo che “i grillini questa volta saranno interessati al nostro progetto”. Si tratta però, ed è bene precisarlo, non tanto di costruire un fronte alternativo ai sovranismi, ecc., quanto di costruire una proposta politica su cui si possa fondare un’alleanza, un’intesa programmatica e non solo un governo di forza maggiore.

Ancora Zingaretti ha affermato che con domenica si chiude il ciclo del 4 marzo e il PD diviene il perno di un nuovo bipolarismo ma il bipolarismo nella condizione presente non è pensabile. La prospettiva andrebbe un attimo approfondita nel dibattito del sistema elettorale da adottare. Attualmente, nella Commissione parlamentare che sta discutendo le proposte, si va verso un sistema proporzionale puro con uno sbarramento al 5% e non prevede coalizione nei collegi uninominali. Siamo sicuri che sia la posizione migliore? Tra i punti critici occorre considerare che le piccole formazioni che potessero eventualmente superare una soglia (che finirà per essere inferiore al 5%) non sono i partiti laici dell’Italia del dopoguerra, piccole formazioni cioè caratterizzate da una visione e sicuramente fedeli al metodo democratico, bensì partiti personali, movimenti occasionali, ecc. Alla precarietà di quadro di una elezione politica dove non si sceglie una coalizione si aggiungerebbe la precarietà di questi soggetti che inevitabilmente andrebbero ad accasarsi secondo le convenienze del caso.

Qualcuno nei giorni scorsi proponeva un ritorno al Mattarellum, che come si ricorderà, offriva una sorta di mediazione tra maggioritario e proporzionale. È comunque un dibattito su cui dobbiamo tornare. Un dibattito che dovrebbe prendere le mosse non tanto dalla necessità di indebolire la traslazione in seggi parlamentari del potenziale elettorale della Lega ma da quella di rispondere alle esigenze del sistema politico per dargli la stabilità che richiede e metterlo nelle condizioni di potersi far carico della responsabilità di far funzionare le istituzioni parlamentari ed esprimere un governo.

Sono solo appunti su cui torneremo come associazione con alcune iniziative, come sempre di studio e di proposta.
Sarebbe interessante aprire un dibattito su questi temi utilizzando la posta elettronica (info.cerses@gmail.com)

Un cordiale saluto

Ernesto Preziosi

 

 

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