L'ospedale di Desio e la sanità lombarda

Un grande Sindaco di una Città importante come Firenze, Giorgio La Pira, qualche decennio fa diceva che in ogni città ci devono essere sempre almeno la scuola (il luogo per educare le nuove generazioni), la chiesa (il luogo per pregare) e l’ospedale (il luogo per curare).
Quale direzione sta prendendo il sistema sanitario della nostra Regione in proposito?
Nel lungo periodo di Governo formigoniano la scelta di Regione Lombardia è stata fortemente centrata sulla privatizzazione dei servizi di cura. Si tratta di un bene o di un male?
Rispondere in modo univoco sarebbe ideologico. La privatizzazione è un bene nel momento in cui amplia l’offerta di cura e stimola una competizione positiva verso prestazioni migliori. Diventa, però, un male se gli accreditamenti al privato sono il mezzo per togliere al settore pubblico i servizi più redditizi per lasciarvi soltanto quelli meno remunerativi o i casi di maggior problematicità.
Con l’avvento alla guida della nostra Regione di Presidenti leghisti (prima Maroni e poi l’attuale, Fontana) la nuova governance regionale, pur sempre di centrodestra ma con rapporti interni decisamente modificati, ha preso coscienza di questo sbilanciamento che sussisteva nei fatti, nonché della crescente scarsità di risorse (che in realtà era dovuta sovente a sprechi).
La Legge Regionale 11 agosto 2015, n. 23 è stata promulgata con l’obiettivo primario di ridurre gli sprechi e di territorializzare il sistema dei servizi sociosanitari lombardi, avvicinandoli maggiormente al cittadino, nella giusta ottica della sussidiarietà.
Pur mantenendo inalterata per l’utente del servizio la libera scelta nel servirsi di una struttura pubblica o una privata, l’obiettivo della riforma dovrebbe essere quello di realizzare una “presa in carico della persona nel suo complesso” sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista sanitario.
L’attuazione pratica di tali principi, in sé condivisibili, ha generato, tuttavia, delle scelte che, oltre ad essere altamente irrazionali, peggiorano notevolmente la qualità del servizio offerta, soprattutto in alcuni territori della regione come il nostro, quello della Brianza Ovest.
La Riforma regionale ha provveduto a sopprimere le Aziende Sanitarie Locali (ASL) istituendo 8 Agenzie di Tutela della Salute (ATS), fra cui una è l’ATS BRIANZA che è competente anche per il Comune di Desio. Ad ogni ATS sono ricollegate più Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST) che hanno sostituito le vecchie Aziende Ospedaliere. Nel territorio dell’ATS Brianza esistono tre ASST: quella di Lecco; quella di Monza e quella di Vimercate. Limitando l’attenzione sulla provincia di Monza e Brianza, l’ASST di Monza ricomprende i poli ospedalieri di Monza e Desio, mentre l’ASST di Vimercate ricomprende i poli ospedalieri di Giussano, Carate Brianza, Seregno e Vimercate.
Una tale innaturale divisione ha generato parecchi problemi. Anzitutto accorpare ospedali come quelli di Desio e di Monza ha generato un progressivo e finora ancora inarrestato decadimento dei servizi offerti nell’Ospedale di Desio (basti pensare che i posti nel reparto di medicina sono passati da 55 a meno della metà e che il Primario è stato pensionato anticipatamente senza essere sostituito; reparti di eccellenza come l’oculistica sono di fatto stati trasferiti a Monza; si sono allungati in modo insostenibile le liste di attesa con l’effetto di ingolfare il Pronto Soccorso o di indirizzare ai privati lo svolgimento di esami urgenti; etc…), a tutto vantaggio dell’Ospedale di Monza che drena le risorse migliori provenienti da Desio.
Inoltre anche le circoscrizioni territoriali di competenza sono irrazionali: basti pensare che cittadini di Lazzate, Misinto, Ceriano Laghetto, sono soggetti alla competenza di un ospedale in decadenza come quello di Desio e che paradossalmente un comune come Lissone, dove sussiste parte della struttura dell’Ospedale San Gerardo di Monza, ricade nella competenza dell’Ospedale di Vimercate e che pertanto le risorse che la Regione stanzia per i cittadini di Lissone vengono destinate all’Ospedale di Vimercate e non a quello di Monza o di Desio.
Se, peraltro, pensiamo che la provincia di Monza e Brianza conta quasi 900.000 abitanti come la provincia di Varese (che rientra nella competenza della ASST Sette Laghi e della ASST Valle Olona), notiamo che mentre nella prima abbiamo gli Ospedali di Monza e Desio (ASST di Monza), nonché quelli di Vimercate e Carate Brianza, oltre a Giussano adibito soltanto ad hospice e Seregno soltanto per le riabilitazioni (pari a 3 strutture più 2 per le due ASST), la ASST Sette Laghi conta due Ospedali a Varese, uno ad Angera, uno a Cuasso al Monte, uno a Tradate, uno a Cittiglio, e uno a Luino e la ASST Valle Olona gli Ospedali di Busto Arsizio, di Gallarate, di Saronno e di Somma Lombardo (pari a ben 11 strutture per le due ASST!) .
A voler pensar male, sembra che territori che elettoralmente rendono di più al Governo leghista regionale siano meglio ripagati con maggior attenzione al numero e alle risorse trasferiti ai presidi sanitari territoriali.
È per questa ragione che il Consigliere regionale del PD Gigi Ponti si è fatto promotore di un Ordine del Giorno in Regione Lombardia, condiviso anche dai Consiglieri regionali brianzoli del MoVimento 5 Stelle, di Forza Italia e della stessa Lega Nord per richiedere a Regione Lombardia di modificare la suddivisione territoriale delle ASST di Monza e di Vimercate, con l’obiettivo di spostare l’ospedale di Desio nella ASST di Vimercate (così da non porlo in competizione con un polo così attrattivo come Monza, che ne ha già drenato parte delle eccellenze) e trasformare l’Ospedale di Monza in un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), destinatario dunque di fondi a tale specifico titolo.
Regione Lombardia si è impegnata a rispondere entro settembre a questo Ordine del Giorno e il Ministro della Salute Giulia Grillo si è già detta disposta a riconoscere tale dignità all’Ospedale San Gerardo di Monza.
In Lombardia esistono ad oggi 18 IRCCS, ma nessuno nella Provincia di Monza e Brianza, cioè su un’area pari a quasi 1/10 degli abitanti dell’intera Regione. Peraltro di questi 18 soltanto 4 sono pubblici (Policlinico di Milano, Istituto dei Tumori di Milano, Istituto Neurologico Besta di Milano e Ospedale San Matteo di Pavia). La sproporzione è evidente rispetto alle 14 strutture private accreditate come IRCCS. In un tale contesto una struttura pubblica in più non potrebbe che riequilibrare, seppur soltanto parzialmente, il forte sbilanciamento sul privato che ci deriva dall’era formigoniana.
Sarà l’amministrazione di centrodestra della Regione ad assumersi tutte le responsabilità di un eventuale diniego, contro i suoi stessi consiglieri regionali brianzoli.
In chiusura, occorre porci una domanda fondamentale: è possibile continuare a prestare i servizi sanitari oggi come lo si faceva 30 anni fa e allo stesso modo ancora fra 30 anni?
Ovviamente no e il legislatore lombardo ha ben operato proprio prevedendo, con una popolazione sempre più anziana e cure sempre più evolute, strutture ospedaliere da riservare soltanto per la cura degli ammalati gravi e in fase acuta e strutture ambulatoriali in ogni Comune.
Oggi non siamo più negli anni Sessanta del secolo scorso e possiamo ben sostituire (fortunatamente, perché la vita media si è allungata e le cure sono notevolmente migliorate!) la convinzione di La Pira, ancora perfettamente valida sul piano dei principi, dicendo che sarà importante preservare ospedali efficienti ed eccellenti che prestino cure tempestive in circoscrizioni territoriali di media dimensione e assicurare nel contempo presidi territoriali in ogni Comune per persone lungodegenti o che soffrono di malattie croniche che non presentano nell’immediato pericoli gravi.
Questo è il cammino che ci porta verso quel welfare di prossimità che avvicina i servizi alle case e alla quotidianità della gente e assicura punte di eccellenza nelle cure, evitando sprechi di visite e di esami inutili, in quanto anche noi cittadini siamo chiamati a comprendere più pienamente che ogni prestazione, anche non immediatamente necessaria, che chiediamo gratuitamente per la nostra salute toglie risorse a chi ne ha bisogno per la conservazione della sua stessa vita.
di Francesco Pasquali
Lista Civica Desio Viva