Le nuove norme della riforma Madia

Venerdì, 1 Settembre, 2017

Dal 5 agosto è vigente il nuovo procedimento disciplinare con altre novità per i pubblici dipendenti.

 

A seguito delle recenti vicende dei c.d. “furbetti del cartellino”, cui è stata data rilevante esposizione mediatica e intorno cui sono stati affrontati vivaci dibattiti giornalistici, suscitando clamore e indignazione nella pubblica opinione, la sensibilità del legislatore è stata sempre più rivolta ad una riforma delle norme sul procedimento e licenziamento disciplinare nell’ambito del pubblico impiego.

 

Così, ultimo atto in senso cronologico della complessiva riforma Madia il 5 agosto il decreto legislativo 118 del 2017  è entrato in vigore il decreto delegato approvate in attuazione della legge 124/2015 rubricata “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.”

 

Tuttavia, tale corpo legislativo si pone come ultimo tassello di un percorso iniziato già nel 2009, con l’entrata in vigore della c.d. Riforma Brunetta; con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150 numerose novità sono state introdotte in materia di infrazioni, sanzioni disciplinari e del procedimento disciplinare, nonché dei rapporti con il procedimento penale, ora prevista dagli articoli 55 fino a 55 octies del d.lgs. 165/2001. La disciplina era  connotata da un’inversione di rotta rispetto alla precedente normativa con la  “legificazione” del rapporto di lavoro privatizzato e la sottrazione di materie alla contrattazione collettiva con chiara dimidiazione del ruolo del sindacato.

 

Altro passaggio significativo e successivo alla Riforma Brunetta, in tema di doveri dei dipendenti pubblici, è l’approvazione del codice di comportamento, con il regolamento previsto dal d.P.R. 62/2013 che ciascuna amministrazione provvederà a integrare adottando un proprio codice in base alle proprie specificità, ai sensi del co.5 del predetto art. 54 del d.lgs. 165/2001.

 

Da ultimo la riforma Madia, in attuazione della legge delega 124/2015, è stata approvata in più decreti legislativi, di cui risultano fondamentali il n. 116 del 20 giugno 2016 e da ultimo con il D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 ed il recentissimo 118 del 2017.

La normativa  ha continuato - sulla scia della Brunetta -  la legificazione del rapporto di lavoro limitando l’intervento della contrattazione collettiva riformulando le norme in materia di proc.to disciplinare, di sanzioni specie per il licenziamento disciplinare e di controlli sui pubblici dipendenti.

 

Quindi con decreto 118 del 2017 - anche in correzione della precedente normativa delegata del 116 dichiarata incostituzionale con sentenza Consulta n. 251 del 2016 - è entrata compiutamente e definitivamente in vigore il 5 agosto l’intera normativa circa il nuovo proc.to disciplinare per i pubblici impiegati con contratto privatizzato.

 

La responsabilità disciplinare è una delle tematiche più complesse del pubblico impiego e la finalità annunciata di tutti gli interventi legislativi è di semplificare il proc.to disciplinare di irrogazione delle sanzioni.

Anche i pareri resi dal Consiglio di Stato agli schemi dei decreti legislativi auspicavano tale finalità:

il parere n. 814 del 2016  affermava che «nella predisposizione del nuovo testo unico sui pubblici dipendenti l’intera materia disciplinare subisca una generale rivisitazione per garantire la semplificazione e la coerenza giuridica, logica e sistematica delle disposizioni, in modo da definire un procedimento univoco, sorretto da regole chiare e tassative, che consentano anche di prevenire il non trascurabile contenzioso in materia».

La riforma Madia sul proc.to disciplinare  più che sull’inasprimento delle sanzioni – caratteristica dei precedenti interventi – ha puntato sull’efficienza del proc.to disciplinare per cercare di dare certezza all’irrogazione delle sanzioni intervenendo e sulla struttura del procedimento ed inserendo norme a tutela dell’effettività del proc.to disciplinare.

 

In particolare gli interventi più rilevanti riguardano:

1.      L’istituzione dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari

2.      La previsione di sanzioni a garanzia dell’effettività del procedimento disciplinare

3.      Una nuova struttura del procedimento disciplinare

4.      La precisazione delle ipotesi di illecito che producono il  licenziamento disciplinare e conferma del procedimento accelerato di sospensione cautelare e di espulsione del lavoratore

5.      Varie modifiche apportati al d.gls. 165/2001 tenendo presenti le pronunce giurisprudenziali in tema di procedimento disciplinare

6.      Integrazione della normativa sul danno all’immagine della PA determinati  dai comportamenti illegittimi dei lavoratori

7.      Novità nella disciplina delle visite fiscali

8.      Il diritto del dipendente alla riassunzione in caso di dichiarazione di illegittimità del licenziamento.

 

Nello specifico si osserva.

 

1 - E’ stato istituito un apposito ufficio per i procedimenti disciplinari, cui spetta l’intera gestione del procedimento per tutte le sanzioni disciplinari, fatta eccezione per il solo rimprovero verbale. Per quest’ultimo è competente il dirigente responsabile della struttura ove il dipendente svolge la sua attività.

In questo modo il procedimento disciplinare è rimesso ad un unico ufficio di competenza, evitando il fiorire di diversi uffici, nonché casi di non imparzialità nelle decisioni da parte dei dirigenti nei confronti dei propri sottoposti. Al contempo si evidenzia che tale ufficio tuttavia non può dirsi acquisisca connotato di terzietà, restando pur sempre appartenente alla pubblica amministrazione a cui il lavoratore presta servizio.

 

2 - La Riforma Madia pone l’accento soprattutto sull’efficienza del procedimento disciplinare, evidentemente un punto debole nella precedente legislazione. In tal senso, sono state previste sanzioni più aspre per coloro che sono tenuti a dare esecuzione al procedimento disciplinare o che non collaborano con l’amministrazione ai fini dell’accertamento dell’illecito disciplinare in cui è eventualmente incorso il dipendente.

A tal fine è inquadrata in primo luogo una nuova figura generale di illecito disciplinare (art. 55, co. 1 d.lgs. 165/2001), costituita dalla violazione dolosa o colposa delle disposizioni riguardanti il procedimento disciplinare da parte dei dipendenti preposti alla loro applicazione.

In secondo luogo: sono state introdotte sanzioni a rafforzare la vigenza della normativa disciplinare:

a) viene sospeso dal servizio (art. 55 bis co.7  d.lgs. 165/2001) nonché privato della retribuzione in proporzione alla gravità dell’illecito contestato e per una durata massima di 15 giorni, chi, nel ruolo di dipendente o di dirigente, possedendo informazioni riguardo un procedimento disciplinare in corso, si sia rifiutato senza giustificato motivo di collaborare con l’Ufficio disciplinare o abbia addirittura reso dichiarazioni false o reticenti. Tale articolo colpisce così l’eventuale mancanza di collaborazione tra chi dovrebbe controllare, o possiede informazioni inerenti, l’eventuale situazione di illecito: discorso questo evidentemente delicato all’interno delle maglie dei rapporti di lavoro della pubblica amministrazione.

b) è prevista la sanzione più grave del licenziamento (art. 55 quater, comma 3 quinques d.lgs. 165/2001) per il dirigente o al responsabile di servizio che, conoscendo il fatto, omette di attivare il procedimento disciplinare e omette di adottare il provvedimento di sospensione cautelare, senza un giustificato motivo. Di tali omissioni è informata l’Autorità giudiziaria, ai fini dell’accertamento di eventuali reati.

Non estranea a tale ratio dell’efficienza dell’attività della Pa e del proc.to disciplinare è da ricordare la figura del whistleblower, il dipendente della pubblica amministrazione che segnala illeciti di cui è venuto a conoscenza. Tale figura è stata istituita dalla legge 190/2012, a tutela di chi denuncia le corruttele della pubblica amministrazione. Sono state adottate particolari cautele a garanzia dell’anonimato di tali dipendenti, soggetti ad abusi come demansionamenti e trasferimenti illegali, e per favorirne l’atteggiamento collaborativo. (art. 54 bis d.leg.vo 165)

 

3 -Al procedimento disciplinare in sé, la Riforma Madia ha dato un volto nuovo. In primo luogo il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, può limitarsi all’irrogazione della sanzione disciplinare minimale del rimprovero verbale.

E’ compito di ciascuna amministrazione individuare il competente Ufficio per i procedimenti disciplinari, per tutte le altre violazioni per cui sono previste sanzioni superiori al rimprovero verbale. Resta salva la facoltà di aggregare più comparti amministrativi per un solo ufficio disciplinare.

Anche le violazioni più modeste, prima sanzionabili per via di un procedimento semplificato, sono ora invece ricondotte ad un unico procedimento disciplinare.

Al dipendente cui viene addebitato il comportamento illecito, va inoltrata contestazione scritta, non oltre trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, con un preavviso di venti giorni. I venti giorni di preavviso occorrono al dipendente per essere l’audizione in contraddittorio a sua difesa.

L’ attivazione del procedimento disciplinare decorre dal momento in cui l’amministrazione abbia piena conoscenza dei fatti rilevanti di rilevanza disciplinare.

Entro un massimo di 120 giorni, il procedimento deve concludersi con l’archiviazione o con l’irrogazione della sanzione.

L’addebito va comunicato al dipendente tramite p.e.c. (posta elettronica certificata) o brevi manu, così anche le comunicazioni successive possono essere effettuate tramite p.e.c. o altri strumenti informatici adeguati.

Se il rapporto di lavoro dovesse avere termine durante la pendenza del procedimento disciplinare, allora il procedimento va archiviato. Fa eccezione il caso in cui  l’infrazione commessa è punibile con la sanzione del licenziamento o il dipendente sia stato sospeso dal servizio: in tali casi, infatti, potrebbe essere prevista la restituzione dei trattamenti retributivi non percepiti dal dipendente o, al contrario, la restituzione di somme dovute a vario titolo dal lavoratore.

 

Va ricordato che il lavoratore cui è contestato l’illecito in un procedimento disciplinare, ha facoltà di farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante dell’associazione sindacale di appartenenza. Può sempre depositare memorie scritte e chiedere differimento dell’audizione per avere accesso  agli atti del proc.to.

 

4 - Il decreto 75 del 2017 ha tipizzato ed ampliato le categorie di illeciti che conducono al licenziamento disciplinare di cui all’art. 55 quater d.leg.vo 165.

Non tutte le fattispecie dell’illecito disciplinare ivi previsti che conducono alla massima sanzione disciplinare appaiono essere ben precisate e tipizzate.  Al riguardo va evidenziato che vige in materia disciplinare lo stesso principio di tassatività previsto per i reati penali: il Consiglio di Stato, in un suo parere (n.864 del 5 aprile 2016), ha affermato che lo stesso principio costituzionalizzato per l’illecito penale può ben  considerarsi essenziale - per affinità - alle materie dell’illecito disciplinare. Anche se va detto che - a garanzia del lavoratore - vige  in materia di responsabilità disciplinare il principio di proporzionalità della sanzione all’infrazione commessa. (art. 55 d.leg.vo 165)

Al riguardo la previsione del licenziamento disciplinare in caso di rendimento insufficiente del dipendente - ove abbia più volte violato gli obblighi concernenti la prestazione lavorativa e rilevate da una costante  valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno nell’ultimo triennio - può risultare anche sterile non essendo compiuta, coerente  e stringente la normativa sulla performance e che non è esclusivamente collegata e dipendente da comportamenti soggettivi ma legata anche all’andamento dell’intero ufficio di appartenenza del dipendente.

Per i casi di violazioni  delle fattispecie previste per il licenziamento disciplinare è prescritta - con provv.to da emettersi entro 48 ore dalla conoscenza dei fatti e che vale anche come contestazione dell’illecito - la sospensione immediata dal servizio del lavoratore senza stipendio e con previsione di assegno alimentare (da determinarsi dalla contrattazione collettiva); il procedimento disciplinare risulta accelerato ed immediato rispetto a quello ordinario (15 gg di preavviso per l’audizione, e da concludersi entro 30 gg dalla contestazione dell’addebito) (art. 55 quater co. 3 ter). 

 

5 - Da non sottovalutare sono anche le varie modifiche apportate al d.lgs. 165/2001 in diverse parti che hanno tenuto conto della giurisprudenza in materia di procedimento disciplinare.

In primo luogo, viene meno la perentorietà dei termini del procedimento disciplinare e perdono importanza i vizi puramente formali dello stesso, a meno che ciò non incida sul diritto di difesa del dipendente.

I termini del procedimento e una loro violazione non incidono, quindi,  né sull’irrogazione della sanzione né sulla validità degli atti endoprocedimentali: sostanzialmente è  fortemente attenuata la formalità del procedimento disciplinare (un recente orientamento giurisprudenziale Cass. Sez. Lav., 15 settembre 2016, n. 18128 sosteneva che la perentorietà impediva la rinnovazione del procedimento conclusosi con sanzione poi annullata per vizio di forma).

La Riforma Madia nell’accentuare questa diversità rispetto al passato e alla giurisprudenza da una parte conferisce maggiore efficacia al procedimento, dall’altra fa salve le garanzie difensive, baluardo del dipendente nelle vicende disciplinari.

Sulla stessa linea si pone la previsione di nullità per tutte le disposizioni contrattuali che prevedono altri requisiti formali diversi da quelli previsti dalla legge per il  nuovo procedimento disciplinare. (art. 55bis co.9 bis)

Parimenti e per ragioni di economia processuale e procedimentale è stato previsto che ove la sanzione sia considerata sproporzionata rispetto all’infrazione commessa il giudice ha facoltà di rideterminarla, tenuto conto del fatto nella sua interezza e senza riattivare così un nuovo procedimento. (63 co.2 bis)

Inoltre è dato potere all’amministrazione (art. 55 ter d.lgs. 165/2001) di riattivare il procedimento disciplinare anche in caso di un giudizio penale non definitivo. L’Amministrazione può riavviare il procedimento disciplinare, qualora entri in possesso di elementi sufficienti per concludere il procedimento senza attendere l’esito definitivo del processo penale. Il rischio comunque, è chiaro e  consiste in un’eventuale difformità tra le due decisioni: il dipendente, per lo stesso fatto, potrebbe essere assolto in sede penale e condannato dall’amministrazione in sede disciplinare. Ma a presidio di tale evenienza erano già previste norme per l’annullamento della sanzione disciplinare: anche la Consulta - pronuncia 24 giugno 2004 n.186 -   prevede una sostanziale coerenza tra i due tipi di provvedimento e una linea di maggiore rigore per garantire il corretto svolgimento dell’azione amministrativa.

 

6 - La riforma ha dato respiro anche alla problematica del danno all’immagine da perseguirsi  con risarcimento del danno provocato alla PA da parte del lavoratore sia in caso di fatti rilevanti ai fini licenziamento disciplinare (art. 55 quater co.3 quater) che nel caso di mancata prestazione lavorativa a seguito di false attestazioni della presenza in servizio (ar. 55 quinquies)

 

7 - Novità legislativa riguarda anche le visite fiscali, in caso di assenza dichiarata per malattia. Se prima anche le ASL potevano accertare la reale malattia del dipendente pubblico e la sua permanenza nell’indirizzo di residenza, ora la competenza spetta soltanto all’INPS. (art. 55 septies)  Possono essere stipulate convenzioni apposite con i medici fiscali, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché, sulla stessa linea, possono essere armonizzate le fasce orarie delle visite, tanto per il settore privato che per quello pubblico.

 

8 - Circa il diritto del dipendente pubblico alla riassunzione va ribadito che sussiste differenza - in caso di pronuncia di illegittimità del licenziamento da parte del giudice - rispetto al lavoratore del settore privato. (non sono mancati motivi di confusione legislativa tra le due materie accentuati dalle oscillazioni giurisprudenziali).

La c.d. Legge Fornero (l.92/2012) ha modificato gli storici assetti dello Statuto dei Lavoratori - in particolare art. 18 l.300/1970 - prevedendo non più genericamente una tutela reale alla riassunzione in caso di licenziamento illegittimo ma in alcune ipotesi una tutela indennitaria. Va detto che a differenza del lavoro privato, sussiste nel settore del pubblico impiego contrattualizzato il diritto alla riassunzione del lavoratore  ingiustamente licenziato.

In altre parole, la tutela del pubblico dipendente è disciplinata con il  vecchio assetto dello Statuto dei Lavoratori, prima delle modifiche apportate dalla L. Fornero, prevedendo la reintegra nel posto di lavoro (cd tutela reale).

Il legislatore ha recepito il principio di tutela reale  riconosciuto anche dalla giurisprudenza (Cass. 11868/2016) nell’ art. 63 del d.lgs. 165/2001, comma 2, per cui ha ritenuto insufficiente la sola tutela indennitaria (la previsione di una somma risarcitoria) prevedendo la condanna della PA alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione non superiore comunque a 24 mensilità ove accerti nullo il licenziamento. La differenza con il settore privato è evidente in quanto nel settore pubblico il potere di risoluzione del contratto di lavoro è vincolato a interessi più generali e collettivi.(Corte Costituzionale sentenza 24 ottobre 2008 n.351).

 

 

Concludendo è facilmente desumibile dalla sommaria disamina quanto la riforma Madia curi prioritariamente il potenziamento dell’efficacia del procedimento sanzionatorio tenendo conto anche delle garanzie minime di difesa del dipendente e bilanciandolo con il ruolo della pubblica amministrazione e dell’immagine della stessa.

Va comunque evidenziato che puntare esclusivamente  sulla normativa disciplinare e sulla deterrenza delle sanzioni previste non necessariamente conduce ad un miglioramento del rendimento dei dipendenti ed in generale ad una efficiente attività della Pubblica Amministrazione.

Occorre ben altro per la valorizzazione del personale dipendente e rendere più efficiente l’attività degli Uffici pubblici!!

Considerato anche i precedenti interventi legislativi di pretesa riforma della PA occorrerebbe normativa oggettiva e precipua in materia di valutazione del rendimento e del lavoro dei dipendenti in ragione delle mansioni e dei carichi di lavoro singoli e dell’ufficio di appartenenza.

 

Ma più che le valutazioni e previsioni soggettive è l’applicazione della nuova normativa che riscontrerà la rispondenza al fine cui è destinata.