La nuova Cei di Francesco

La nuova Cei di Francesco, quella del Presidente Bassetti, era attesa alla prova della sua concezione del ruolo pubblico. La prova è stata l’immigrazione. Due i modelli a priori non utilizzabili. Il primo quello montiniano che aveva come schermo la Dc, ma esso, che era reso possibile dall’egemonia comunista sulla sinistra, è tramontato insieme al Pci. Il secondo quello ruiniano dell’uso verso destra dei principi non negoziabili, con cui si era illusoriamente pensato di arginare sul piano legislativo alcuni fenomeni culturali epocali, come il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali. Restavano due opzioni. La prima era quella su cui si stavano dirigendo alcune realtà minoritarie di base e il quotidiano Avvenire, convinte però di interpretare il Papa: capovolgere verso sinistra la retorica dei principi non negoziabili. Diritto di asilo e migrazioni economiche non venivano distinti; le seconde accolte senza limite, anche prescindendo dal ruolo delle organizzazioni criminali; il dovere di integrazione era affermato a prescindere dalla sostenibilità. Questo approccio non ha retto per varie ragioni: era privo di consenso, soprattutto tra i poveri e nelle periferie, su cui insiste in modo non ingenuo il Papa; urtava controriferimenti forti espressi ad esempio dal Presidente Mattarella. Il punto infatti è che la Chiesa non è chiamata a governare, ma come un qualsiasi realtà sociale costruttiva non può ritenersi esente dall’esprimere una cultura di governo fondata sul principio di responsabilità. Prova superata.

 

di Stefano Ceccanti