La buona scuola

Martedì, 21 Luglio, 2015

La raccolta di riflessioni di seguito riportata   riguardante il documento  per la consultazione popolare  “La buona scuola”, prodotta nell’autunno scorso, vede ora alcune delle prospettive indicate riflettersi nel DDL  approvato nel marzo  scorso.  

Restano comunque dei  punti sui quali il confronto non può dirsi concluso, solo come stimolo ad ulteriori approfondimenti : resta equivoco il margine di discrezionalità del  DS nella definizione dei criteri per la selezione dei docenti necessari alla realizzazione del POF ; generici i termini della valorizzazione del merito della carriera docenti...

 

Il documento per la consultazione popolare “La buona scuola” segna sicuramente un’inversione di tendenza nelle politiche scolastiche italiane degli ultimi anni.

Si tratta infatti di un quadro di proposte che riguarda in larga parte la figura dei docenti, sui quali i precedenti governi si erano soffermati meno, preferendo puntare l’attenzione sulla struttura del sistema della pubblica istruzione, sui costi del medesimo e sulle esigenze dell’utenza: tutte questioni fondamentali e riprese anche dal documento, ma non esaustive se si vuole intervenire con efficacia su un comparto che spende più del 90% delle proprie risorse per il personale.

Per questo intendiamo concentrare la nostra analisi sulle proposte contenute nel documento che riguardano il reclutamento, la formazione e lo sviluppo della carriera dei docenti.

Molto sarebbe da osservare anche sui capitoli che riguardano il potenziamento dell’offerta formativa e il reperimento delle risorse, ma riteniamo che sia il primo che le seconde siano poi fortemente condizionate dalla qualità che si saprà dare al personale che dovrà concretamente attuare queste politiche

Analogamente diversi potrebbero essere i punti da aggiungere alla proposta del governo, ma ci piace pensare che l’assenza di alcuni argomenti non sia una dimenticanza ma una valutazione delle priorità sulle quali concentrare l’azione, con la consapevolezza, da parte dell’attuale maggioranza, che non è il momento, per la scuola italiana, dell’ennesima proposta olistica di riforma.

Di un elemento però non si può non rilevare l’assenza: un cenno all’idea che questo governo ha o vuole dare del sistema nazionale di istruzione.

Si parla molto di innovazione e di miglioramento del sistema scolastico ma si dà l’impressione di considerare lo Stato l’unico motore di questa azione: i sistemi scolastici più efficienti non hanno un monopolio statale nell’erogazione del servizio e siamo convinti che una buona scuola nasca anche dalla proposta educativa che nasce dai corpi sociali e dalle realtà locali.

Da troppo tempo il dibattito sulla scuola non statale nel nostro Paese è fermo a una questione di contributi economici e di interpretazione costituzionale. Il governo Renzi, che con coraggio più volte ha affrontato questioni centrali del nostro dibattito politico, potrebbe rappresentare un punto di svolta anche in questo campo

1 - Assumere tutti i docenti di cui la buona scuola ha bisogno

La scuola in Italia è un sistema estremamente complesso in cui sono in gioco persone : insegnati,personale ATA, studenti e famiglie. Porre al primo posto nell’elenco delle attenzione del documento la stabilizzazione del personale e la realizzazione dell’organico funzionale, peraltro già norma di legge e mai realizzato, non è un elemento accessorio legato a sterili aspetti organizzativi o al contenimento del disagio del precariato. La stabilità dell’organico delle istituzioni scolastiche garantisce la continuità e la qualità dell’offerta formativa agli studenti.

La quotidianità delle scuole è schiacciata tra il garantire un servizio di qualità, il diritto a richiedere qualsivoglia modalità di permesso previsto dalla legge (è ancora possibile assentarsi per malattia?) e la scarsità di risorse che obbligano a mera vigilanza delle classi da parte del personale ATA.

Certamente assunzioni che garantiscano continuità e flessibilità nell’organizzazione scolastica  possono migliorare la qualità del servizio, fatte salve alcune precisazioni concrete assenti nella proposta e che possono inficiare l’intero piano

  • La distribuzione delle risorse ( cattedre con ore a disposizione) a completamento dell’organico funzionale dovrà tenere conto , soprattutto per la secondaria di I e II grado, della differenziazione delle classi di concorso, pena in ogni caso la riduzione della specificità didattica dei percorsi. Dovrà considerare, inoltre, non solo il fabbisogno in “supplenze”, ma anche, come dichiarato, i compiti di organizzazione, progettazione, coordinamento che quotidianamente gli insegnanti si accollano a titolo gratuito . Come verrà quantificato?
  • Parimenti la distribuzione di risorse su “rete di scuole” deve essere specificata in termini di competenze da condividere e non certo in “ore di supplenze “ da effettuare
  • Si deve definire il limite di giorni di assenza del personale ( 15 giorni?) dopo i quali in ogni caso accedere  alla chiamata in graduatoria unica per i supplenti

Uno spettro aleggia per tutto il documento : il Dirigente Scolastico. Continuamente invocato in funzione di selezionatore, valutatore, organizzatore, ma mai definito.

  • Per il buon funzionamento della scuola è necessario ricentrare il ruolo del DS nella guida della predisposizione/coordinamento del piano educativo didattico dell’istituto, liberandolo dalla briglie amministrativo -burocratiche.

 C’è nel documento un’insufficiente chiarezza concettuale circa il profilo funzionale del dirigente scolastico. Da una parte, si riconosce formalmente che “è, prima di tutto, un dirigente”; poi, però si insiste su quegli aspetti del suo profilo lavorativo che attengono soprattutto alla componente educativa ed istruzionale (“occorre puntare sullo sviluppo di competenze connesse alla promozione della didattica e della qualità dell’offerta formativa” / “i dirigenti devono possedere esperienza diretta e approfondita dei processi educativi”).

Vi è in questo, al tempo stesso, una sottovalutazione ed una sopravvalutazione. Si tende a considerare relativamente marginali quelle attività gestionali che invece, nel concreto, assorbono la parte preponderante del tempo del dirigente scolastico e dalle quali si generano le sue principali responsabilità.

Parallelamente, si sopravvaluta la possibilità per il dirigente di influire realmente sui processi educativi all’interno di un contesto normativo e contrattuale che garantisce la più ampia autonomia di scelte e di comportamenti ai singoli docenti, perfino rispetto agli organi collegiali di cui fanno parte.

  • il dirigente scolastico venga inquadrato a tutti gli effetti nel ruolo unico della dirigenza statale o in una dirigenza professionale sul modello di quella medica (emendando l’attuale disegno di legge Madia 1577 attualmente in discussione)
  • gli vengano, comunque, attribuiti poteri di gestione del personale che lo mettano in grado di incidere realmente sulla qualità del servizio di istruzione erogato (vedi punti successivi)
  • ai dirigenti scolastici vengano conferiti poteri effettivi nell’ambito della gestione delle risorse umane, a cominciare dal reclutamento per proseguire con la formazione in servizio, la valutazione, lo sviluppo di carriera, l’attribuzione di incarichi, la disciplina (fino alla risoluzione del rapporto di lavoro)

2 - Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola

Il miglioramento dell’azione educativa, la ricerca di nuove metodologie didattiche richiedono un investimento sulla formazione in ingresso e in itinere del personale Negli ultimi contratti nazionali del comparto scuola l’aggiornamento di fatto non esiste da anni, essendo lasciato alla libera iniziativa individuale (tranne quello sulla sicurezza dei luoghi di lavoro !). Uscire da questa situazione è prioritario sia per dare un ulteriore impulso all’innovazione didattica tramite un surplus di formazione sia, soprattutto, per poter agganciare la progressione di carriera dei docenti a competenze e titoli certificati.

La costituzione di comunità professionali che riflettono sulla pratica didattica e attivano percorsi di ricerca/azione in raccordo con l’Università è via obbligata per una scuola che vuole rispondere alle sfide legate ai nuovi processi di apprendimento e alle innovazioni, ai rapidi progressi dei contenuti della conoscenza e dei modi della sua trasmissione!

La scuola non è il  luogo di semplice trasmissione del sapere, ma luogo della ricerca, dell’innovazione e della progettualità, e senza il contributo professionale degli operatori scolastici ogni processo di innovazione è destinato a naufragare.  Si tratta di un processo virtuoso che deve portare i docenti a migliorare la qualità della formazione, ad acquisire  nuove e più aggiornate competenze per favorire l’apprendimento e il successo formativo degli alunni

 

Nella piena condivisione delle linee di indirizzo del documento , anche per questo aspetto , manca l’indicazione di fattibilità rispettosa di alcuni presupposti

 

Status giuridico

  • Qual è il luogo di definizione? Resta il campo della contrattazione o viene definito per decreto?

Funzione docente

  • Riconoscere e formalizzare che il lavoro docente non è mai costituito “solo” dalle 18/22 ore frontali sulla classe. Questo mancato riconoscimento calpesta la dignità dei lavoratori e unitamente ai miti sui tre mesi di vacanza ha sempre generato svalutazione sociale del corpo docente. Riconoscere/dichiarare un orario lavorativo settimanale rispettoso del reale impegno dei docenti.

Formazione

  • L’introduzione del sistema dei crediti per l’aggiornamento è pensabile senza un rapporto articolato con le università che sono il principale luogo della formazione? Il Governo introdurrà e incoraggerà percorsi di formazione-azione misti tra scuole ed università?
  • Sono da evitare la giungla degli enti che si propongono per la certificazione dei crediti formativi e l’accademismo universitario  svincolato dalle pratiche didattiche. Le associazioni disciplinari e le reti di scuole potrebbero essere i mezzi privilegiati per farlo: il Governo ha intenzione di coinvolgerle in quanto soggetti principali della formazione e dell’innovazione didattica?

Carriera

  • Prima di procedere a qualsiasi valutazione di merito, lo stipendio di tutti gli insegnanti dovrebbe essere rivalutato e portato a livelli europei (o quasi);
  • Legare la progressione di carriera ed economica degli insegnanti alla qualità del lavoro svolto è la questione centrale della scuola italiana, ma deve essere introdotto un sistema misto. L’adeguamento delle retribuzioni  al costo della vita non può essere ignorato, tanto quanto l’avanzamento per merito!

Come valutare

  •  Il Governo vorrà e potrà creare un gruppo misto di esperti,docenti e dirigenti per stabilire le metodologie di accertamento della qualità del lavoro svolto in classe?
  • Come e quanto verrà valutato il tempo-scuola aggiuntivo alle ore 18 ore settimanali e i crediti ottenuti con l’aggiornamento personale certificato come criteri primari per l’avanzamento di carriera dei docenti?

Mobilità dei docenti

  • La proposta parte dall’idea che in ogni Istituzione scolastica, alcuni docenti non sono meritevoli
  • E’ evidente che un docente incapace danneggia qualsiasi scuola e non vale l’idea che possa migrare in altro istituto dove possa emergere grazie ai risultati scadenti della scuola di arrivo. Non si può, infatti, tollerare che i docenti meno preparati approdino negli istituti che vivono maggiori difficoltà, a causa di un tessuto socio-culturale deprivato (dove più alto è il tasso della dispersione, dell’evasione all’obbligo, dove spesso domina la malavita organizzata, dove le strutture sono carenti, dove più alto è il disagio). Al contrario, bisognerebbe incentivare, anche finanziariamente, i docenti migliori, motivati da passione civile e più in grado di gestire situazioni complesse, a scegliere le “scuole a rischio”, se si vuole essere coerenti con il dettato costituzionale e migliorare realmente i processi di insegnamento/apprendimento e contenere la dispersione scolastica.

 

3 - La vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertura, burocrazia zero

Valutare il sistema dell’istruzione è un requisito di tutti i paesi della UE. La valutazione non si riduce alla verifica del lavoro degli insegnanti ma è una valutazione del sistema-scuola nelle sue diverse componenti, nonché dell’accertamento delle competenze degli studenti (prove OCSE – PISA). Gli sforzi notevoli compiuti dai governi precedenti, dal ministro Berlinguer in poi, hanno suscitato in Italia un’accesa discussione sui metodi ed i soggetti somministratori della valutazione. Le scuole, almeno la gran parte di quelle più attive, hanno dimostrato di essere più avanti della discussione politica e sindacale, sottoponendosi volontariamente alle certificazioni della qualità che pur erano nate per un contesto aziendale ben diverso da quello scolastico e dell’istruzione. La qualità è stata volontariamente cercata e certificata dalle scuole degli ultimi vent’anni con un lavoro d’equipe e condiviso; ciò che crea disagio è l’ambiguità sul cosa valutare, chi sono i valutatori e soprattutto con quali strumenti

 

  • Fermo restando la necessità di rafforzare la valutazione sia dei docenti sia del sistema su tutto il territorio nazionale, soprattutto per garantire pari qualità dell’istruzione agli studenti, resta da definire nel dettaglio il ruolo e gli strumenti del Nucleo di Valutazione, rafforzandone la componente esterna sia con la presenza di valutatori sia di criteri il più possibile oggettivi e condivisi.
  • Non è pensabile introdurre tra le scuole e nelle scuole tra i docenti , il principio della competizione che genererebbe esclusivamente elementi di disgregazione e di conflitto. Chi ha pensato a tale modello non conosce le dinamiche scolastiche .

Si auspica che venga dato maggior spazio, con i giusti strumenti, alla valutazione delle scuole agli studenti e alle famiglie

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