La bellezza ci salverà?

Giovedì, 13 Agosto, 2020

Questo tempo estivo, carico di voglia di libertà come se della libertà fossimo stati privati da anni e anni, è anche e nuovamente un tempo “sospeso”: perché porta in sé i timori, ragionevolmente fondati, di un “dopo” fatto di chiusure. Forse selettive. Eppure questa paura, paventata dalle argomentazioni di tecnici, cioè di medici specialisti, sembra albergare poco nella consapevolezza dei giovani. L’età media dei positivi al covid19 è, infatti, scesa sotto la soglia dei 40 anni. Anche ragazzi e bambini sono ambiente di diffusione del virus che sta piegando il mondo intero. Non l’Italia perché le scelte effettuate nei mesi passati hanno messo tutti al sicuro! Dall’ormai tormentone silmil-coatto “a Palermo non c’è coviddi” sino al “me ne frego” sprezzante di chi, in sintonia ideologica con i negazionisti locali, sembra muoversi a proprio agio approvando e adottando le indicazioni politiche di Bolsonaro e Trump, sembra siano davvero in molti a ritenere che nessun distanziamento  debba essere osservato in spiaggia o nei luoghi di ritrovo all’aria aperta. Ed ecco le nuove decretazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri e, come è avvenuto in Sicilia, le emuli disposizioni regionali adottate dal alcuni Presidenti di Regione (non mi è mai piaciuto il termine “Governatore”). Ecco le ordinanze di Sindaci preoccupati degli assembramenti che potrebbero verificarsi nelle tre notti più folli dell’anno: lungo le spiagge o le aree demaniali prospicienti il mare. E tuttavia non si tratta di ordinanze impositive quanto, piuttosto, esortative: i giovani sono invitati alla responsabilità, a non creare assembramenti, ad assumere comportamenti responsabili che salvaguardino la propria e l’altrui salute. Eppure la così tanto desiderata ripartenza è, dal punto di vista turistico, in pieno rilancio: è vero, mancano molti stranieri ma sono davvero molti quelli definiti di “prossimità”. Una prossimità che ormai ha dimensioni nazionali e anche sovranazionali. Turisti e vacanzieri che hanno una caratteristica comune: l’indifferenza al bello, alla bellezza! Solo voglia di far baldoria, magari trascorrendo molto del tempo a disposizione interagendo online alla ricerca di amicizie nuove da trovare nei siti di incontro tra cuori solitari. Fermi, immobili: attorno ad un telefono cellulare rigorosamente smart a verificare la possibilità di incontri da consumare nel breve giro di qualche giorno o, meglio, ora. Fermi, immobili, incapaci di saper cosa fare di fronte alla bellezza di un panorama, o di un profilo di orizzonte che si accende della luce dell’aurora o si infiamma di quella del tramonto. Fermi o immobili, senza parole che non siano quelle da pronunciare di fronte al menù di una pizzeria o di un ristorante, indifferenti persino ai sapori della tradizione culinaria del luogo, certamente privi di quella curiosità di sapere e conoscere che fa intensa e viva la vacanza. E torna in mente la sapienza, la saggezza – ovviamente non solo giuridica – dei Padri Costituzionali, i quali tra i principi fondamentali posero anche l’articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Certamente sono le Istituzioni repubblicane ad essere coinvolte in questo compito di fondamentale importanza. Ma soprattutto lo è l’intera Repubblica: l’insieme di Istituzioni e cittadini. Tutti chiamati, così come recita il secondo comma dell’articolo, a tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. In questa chiamata all’impegno trovo due temi di grande rilevanza: quello della memoria e quello del futuro. Senza memoria come comprendere il presente? Come capirsi  parte di un tempo che già nell’oggi in qualche modo anticipa ciò che sarà nel futuro? Come capire che la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione è una questione di “memoria”, di consapevolezza di sé in quanto cittadino e persona umana. (ci vorrebbe il punto interrogativo on no?) Così come la libertà ed i diritti di cui oggi godiamo sono il frutto dell’impegno di donne e uomini che hanno saputo vivere in pienezza il loro tempo e le vicende drammatiche che quello ha proposto, allo stesso modo il paesaggio e, soprattutto, il patrimonio storico e artistico della Nazione è il portato dell’impegno di generazioni e generazioni che a noi hanno consegnato il risultato straordinario del loro ingegno, della loro sensibilità del loro estro. Sentirsi chiamati a fare la propria parte nel processo di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, e di tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione significa essere buoni cittadini e, se non estremizzo troppo, buoni turisti. Abitare, sia pure per pochi giorni, in luoghi turistici paesaggisticamente, storicamente e artisticamente rilevanti chiama alla responsabilità della memoria e al dovere del futuro. Se l’Italia ha una varietà straordinaria di paesaggi e una altrettanto grande varietà di ecosistemi; se la cultura italiana e, come le convenzioni commerciali usano precisare, l’Italian Style sono riferimenti per l’intero pianeta, non può, non deve accadere che la memoria faccia difetto. Così farà difetto anche il futuro. E in effetti il turista contemporaneo sembra essere un consumatore dell’istante: solo l’oggi. Non persona consapevole del passato e del futuro. Dentro questa logica sembra poter divenire lecita una riflessione: il turismo può essere democratico? Il turismo di massa è vittoria della democrazia? Ovviamente il riferimento non può essere mai a visioni di censo. Certamente a ricchezza di cuore, a sensibilità, ad apprezzamento del bello, di tutto ciò che è storia che è cultura. Ma chi potrebbe mai dare una patente di tal genere? Certamente la scuola! Educare al bello è ancora priorità: come lo è l’educazione alla raffinatezza d’animo, quella che fa commuovere davanti ad un battito d’ali inatteso, ad uno scavo archeologico, ad un guizzo dai riflessi argentei sulla superficie del mare, ad un raggio di luna che sa rendere bello ogni calar di tenebre. Il bello ci salverà? Dostoevskij era certo che lo avrebbe fatto: la bellezza avrebbe salvato l’umanità. Ma l’uomo distratto di questo nostro tempo, sarà ancora capace di farsi affascinare dalla bellezza? Occorre innescare processi educativi che passino anche per le linee di accoglienza che lavoratori del turismo, ad ogni livello, adottano: memori di una storia e protesi alla costruzione di un futuro che passa anche attraverso la conservazione, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. La scarsità di memoria e di voglia di futuro non è patrimonio solo del vacanziere/turista, ma anche di chi offre ospitalità per farne occasione di lavoro. Occorre provare ad essere buoni cittadini. Necessita provare ad essere persone consapevoli di sé.