Il grande fratello e le autorità sanitarie...

Lunedì, 9 Marzo, 2020

Possiamo chiedere al “grande fratello” di dare i nostri dati alle autorità sanitarie?
Noi, tutti i giorni, cediamo alle aziende, ai social, alle associazioni i nostri dati privati e diamo il consenso affinché possano utilizzarli per ricerche di mercato, per conoscere le nostre abitudini, per sapere dove siamo.
Dati che nemmeno noi ricordiamo con la stessa precisione.
In questo momento di grave rischio per la salute dell’intera popolazione, potrebbe essere molto utile che questi dati potessero essere utilizzati dalle autorità sanitarie, permettendo, così, che celermente ed efficacemente si possano ordinare quarantene o accertamenti sanitari.
Il nostro cellulare, il nostro smartwatch, il nostro PC, conservano dati preziosi. Essi, infatti, possono raccogliere dati importantissimi relativi alle nostre condizioni di salute.
I nostri dati, conservati e profilati, permettono di riconoscere i luoghi, sapere con chi abbiamo condiviso il nostro viaggio in treno o in aereo, rilevare i nostri parametri vitali (compresa la temperatura).
Mi pongo una questione etica di fondo: è ragionevole, sapendo che esistono, chiedere al “grande fratello” di dare i nostri dati allo Stato perché possa tutelarci da un grave pericolo?
In questi giorni, di emergenza coronavirus, è passato in Parlamento, senza particolare clamore, una nuova legge di procedura penale, sulla intercettazione. Il legislatore ha ritenuto legittimo l’utilizzo di un virus trojan che ha la capacità di entrare nei nostri cellulari e captare ogni immagine e suono che si trova nel suo raggio di ricezione. Tale strumento potrà registrare non solo i colloqui dell’indagato, ma di tutte le persone che si trovano vicino al suo apparecchio. Tale invadente strumento è stato ritenuto legittimo, a mio parere sbagliando, sulla base di un bilanciamento di principi costituzionali, dando una valenza maggiore alla necessità di avere prove nelle indagini penali a tutela della collettività da fenomeni criminali.
Se tale assunto fosse vero, a maggior ragione, sarebbe legittima una legge che preveda, in questi momenti di gravissimo pericolo per la salute collettiva, l’obbligo di tutti coloro che possiedono questi dati di metterli a disposizione delle autorità sanitarie. Inoltre ai cittadini dovrebbero fornire, anche con modalità informatiche, i dati relativi alle proprie condizioni di salute (temperatura, cardiogramma, ecc) per potere meglio monitorare e arginare il contagio da coronavirus.
Rimane certamente aperta una questione delicatissima: una volta conclusa questa emergenza, sarà possibile e potremmo essere sicuri che tali strumenti, cosi invasivi, vengano riposti?
Credo che, pur consapevole del rischio, oggi possa essere utile un decreto legge che preveda l’utilizzo di tutti i dati da parte dell’autorità sanitaria.