Per il 1° maggio: effetti collaterali

Mercoledì, 29 Aprile, 2020

Come nel bugiardino di ogni farmaco, oltre alle indicazioni di utilizzo vengono sempre riportati gli effetti collaterali, così anche nell’infezione da Covid19 cominciano a manifestarsi alcuni degli “effetti collaterali” in tutta la loro forza e drammaticità. Già dalle prossime settimane infatti, moltissimi dipendenti, se non già sottoposti a ferie, saranno sottoposti al “periodo di integrazione salariale per le giornate di sospensione del lavoro” così come disposto dalla circolare INPS del 22.03.2020.  Si tratta di cassa integrazione (in deroga o non), assegno ordinario del fondo di integrazione salariale (FIS) e i Fondi di solidarietà (bilaterali o bilaterali alternativi) per una durata di 9 settimane anche non continuative. Senza entrare nei meccanismi di questo sussidio economico, quella che si profila è una situazione che se perdurante comunque risulterà essere difficilmente sostenibile dalle famiglie come dimostrano le prime reazioni di “assalto ai supermercati” frutto della mancanza di denaro necessario a procurarsi del cibo.

La paura ed il terrore della perdita del lavoro acuisce il senso già precario di una condizione in cui il lavoro è considerato una merce o una cosa, un mezzo per il profitto di pochi, per la predazione dell’ambiente, una variabile dipendente dei mercati finanziari e monetari. In una visione consumistica dello sviluppo, si perde di vista il valore del lavoro come bene fondamentale della persona, della famiglia, della società, del bene comune, della democrazia. In questa situazione di precariato conseguente alla pandemia, vanno assimilate con attenzione le affermazioni di Papa Francesco quando indica il lavoro come “un bene per tutti, un dovere e, quindi, un diritto di tutti”. Si deve comprendere anche come l’impresa ed i dipendenti siano parti essenziali e preziose di una comunità di persone in cui l’imprenditore deve esercitare la propria ‘autorità’ non per il potere ma per un servizio a favore dello sviluppo nella costruzione del bene comune. Se da un lato la solidarietà dei dipendenti è fondamentale nell’impresa, perché crea la forza comunitaria necessaria allo sviluppo nel lungo periodo, d’altro canto la coscienza imprenditoriale deve essere diretta alla costruzione del bene di tutti e di ciascuno perché nessuna persona debba essere esclusa dai benefici degli autentici processi di sviluppo.

Il valore del bene comune implica quindi che l’obiettivo dell’impresa non va considerato solo in funzione della massimizzazione del profitto per gli azionisti, ma riguarda anche la responsabilità nei confronti di dipendenti, comunità locali, istituzioni locali, clienti, fornitori, ambiente. 

Ben vengano allora tutte le forme di aiuto messe in atto per scongiurare la perdita del lavoro e la disgregazione di quel tessuto produttivo di imprese che è patrimonio di tutti. In primo luogo bisogna evitare che le persone perdano il loro lavoro perché, come hanno osservato molti economisti, con un livello di occupazione stabilmente più basso le famiglie faranno fatica a ritrovare un loro equilibrio finanziario. Diviene fondamentale allora oltre che rinviare il pagamento delle tasse e mutui, anche immettere subito liquidità nel sistema per aiutare a salvare i posti di lavoro. La crisi finanziaria ed economica del 2007-2008, dalla quale ci stavamo lentamente e con molta fatica risollevando, ha già mostrato i limiti di un sistema basato sugli obiettivi del raggiungimento dell’efficienza, del risultato, del profitto nel più breve tempo possibile a discapito dei lavoratori. Non è più rinviabile quindi un’attenzione al lavoro ed al lavoratore che porti ad una affermazione del primato dell’essere umano e che sappia mettersi in sintonia con l’ambiente naturale senza violentarlo, nell’ottica dello sviluppo sostenibile. Certamente le poderose misure finanziare che il governo sta mettendo in atto a favore anche delle piccole imprese lasciano sperare in una rapida ripresa. E se la farraginosità della burocrazia e gli egoismi europei non metteranno il carro davanti ai buoi la ripresa potrebbe essere piuttosto spedita. Tra pochi giorni avremo una festa dei lavoratori dal sapore decisamene diverso. Invocando San Giuseppe, protettore dei lavoratori, perché assista in questa delicata fase della vita ogni lavoratore sia dipendente che imprenditore gli affideremo le nostre angosce, nella sicura speranza che il futuro sarà migliore, perché ad ognuno sarà garantito “il proprio pane quotidiano”.

Onofrio Losito
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