I poveri da chi sono politicamente rappresentati oggi?

Mercoledì, 4 Gennaio, 2017

Un tema fondamentale per la democrazia, e cioè il tema della rappresentanza politica,  collegandolo ad una categoria sociale , quella dei “poveri”, così indistinta ma allo stesso tempo terribilmente concreta e visibile nella nostra società.

La parola chiave a me sembra sia OGGI. Sottintende che precedentemente qualcuno se ne prendeva cura. Chi?

E poi c’è l’altra parola: Politicamente.

Chi si prende cura politicamente oggi dei poveri.

Permettetemi il racconto di un aneddoto. L’anno scorso nel mese di giugno ho fatto una esperienza significativa. Procedevo con la mia macchina da Via Nomentana verso Piazza Bologna passando per la via complanare quando, arrivato all’altezza della galleria della tangenziale Est, che passa sotto la stazione Tiburtina, ho notato la grande insegna stradale con il segnale di divieto di transito ( luce luminosissima bianca con il bordo rosso ) ed accanto la scritta a caratteri cubitali che diceva : “ incendio in galleria”: Con mia grandissima sorpresa le macchine continuavano imperterrite ad entrare nel tunnel  a velocità sostenuta. Eppure la scritta ordinava: divieto di transito perché c’è un incendio.

La scritta è rimasta lì, ben visibile, per più di venti giorni. E le macchine hanno continuato ad entrare in galleria senza  tentennamenti.

La domanda ovvia: chi avrebbe dovuto far rispettare la scritta o eventualmente toglierla perché non più necessaria? Possibile che in venti giorni non sia passato nessuna autorità che abbia sentito l’esigenza di intervenire? E se la scritta fosse stata veritiera?

Me ne viene in mente un’altra di situazione: per chi conosce Roma sa che per andare a prendere le autostrade spesso si passa per la Via Salaria fino al Raccordo e di lì si imbocca la direzione o verso il nord o verso il sud. Poco prima del raccordo ( qualcuno se ne sarà accorto) c’è un semaforo. In mezzo al semaforo che immette a Castel Giubileo c’è un tombino più alto del suolo stradale di almeno venti centimetri. Sono otto anni che sta lì, con i fatidici 4 pezzi di tondino e la immancabile plastica bucherellata rossa. Nessuno sa, nessuno vede? Eppure a pochi chilometri, a Settebagni, c’è una grande caserma della polizia. E quella strada tutti i giorni è percorsa da tantissime volanti. Non è compito loro? Chi deve intervenire?

Non siete passati mai per Porta San Giovanni durante questa estate? Davanti la porta, storica, dell’ingresso a Roma dalla Via Appia, in mezzo al semaforo, costringendo le auto a fare gincane,  una buca di 40 per 40 centimetri, circondata dall’immancabile cestello a pollaio è rimasta lì dal mese di giugno fino a poco tempo fa.

La domanda: chi deve intervenire e perché. Domanda simile a quella che mi è stata posta sui poveri. Chi li rappresenta oggi?  Chi?

Perché io sono il direttore della Caritas di Roma debbo rispondere: OGGI CI PENSA LA CARITAS?  Li rappresenta la Caritas?

No. Non posso e non debbo rispondere in questo modo.

Sarebbe veramente deresponsabilizzante. Il compito della Caritas è quello pedagogico. La Caritas, diceva Paolo VI “…dovrà essere prevalentemente strumento per creare una cultura della solidarietà, privilegiando la scelta educativa prima di quella operativa; i destinatari primi dell’azione della Caritas non sono i poveri, ma tutta la comunità che si mette al servizio dei poveri”.

Lo specifico della Caritas, allora, è educare facendo e facen­do fare: tutto un modo di valorizzare le opere di carità che già si compiono e di proporne di nuove affinché un numero sempre maggiore di persone, di famiglie e di gruppi siano coinvolti e non ci sia più chi non si impe­gna dicendo di non sapere che cosa fare.

Ricordo un racconto di Don Tonino Bello, l’uomo della giustizia, della parola vissuta, della carità…. Ho trovato in un suo scritto questa testimonianza. Diceva: dobbiamo essere “dito puntato, indice puntato”. E raccontava. “C’è un discorso che fece il vescovo Oscar Romero (da poco dichiarato beato!), in uno dei suoi ultimi viaggi in Europa, in occasione del conferimento di una laurea ‘honoris causa’. Allora lui narrò la parabola del beduino nel deserto.
“C’era una volta un beduino nel deserto che guidava una carovana di persone, e lì, tra le dune, ogni tanto stendeva il dito e diceva: «Non di qui, ma di qui; non di qui, ma di qua; non di qui, ma di qua». Alla fine uno, ossessionato da questo continuo raddrizzamento di rotta, tirò fuori la pistola e gli sparò, mentre lui ancora, col dito puntato, diceva: «Non di qui, ma di qua»”.
Commentava Don Tonino: Non poteva sapere Oscar Romero, di aver raccontato la parabola della propria vita, perché egli venne ammazzato proprio mentre al suo popolo diceva: «Non di qui, ma di qua».

Cercare la strada è  realtà essenziale per ogni uomo…

Oggi è necessario che qualcuno faccia nascere e aiuti a crescere chi può indicare la strada…

Allora se la domanda posta all’inizio “….chi rappresenta i poveri oggi?” significa chi li sostiene, chi li difende, chi li aiuta, chi li fa conoscere…e così via, ecco il compito della Caritas.

 Far crescere una coscienza di popolo, promuovere una coscienza di popolo…perché non si dimentichino gli ultimi, coloro che non hanno voce.

Però con una fondamentale ed indispensabile considerazione: il luogo, l’angolatura, da dove si legge la realtà diventa fondamentale.

Da quale punto di vista leggerla?

Se la leggi come Virgilio, all’ombra dei Fori Imperiali, pagato e spesato da Augusto, inneggerai alla Pax Romana. Ma se la leggi dalla parte delle vittime, dalla parte dei crocifissi, del Crocifisso del Golgota…allora leggerai Roma in ben altra maniera.

Ricordate Alesia. La città di 40.000 abitanti presa da Cesare in Gallia! Suo è il racconto. Il modellino di come l’ha espugnata è in mostra al museo della civiltà romana, all’EUR, il Pigorini. Gioire con Cesare per la vittoria o piangere con i 38.000 abitanti, stremati da anni di assedio, passati tutti a fil di spada e 2.000 di essi portati schiavi a Roma?

L’angolatura di visione!

CONTINUA...