Fare memoria di Vittorio Bachelet

Fare “memoria” di Vittorio Bachelet “significa non solo riportare alla mente la sua figura e il suo insegnamento, ma anche dargli di nuovo il cuore, come suggerisce l’etimologia del verbo ricordare: verbo di futuro, non di passato!”. Lo ha affermato l’assistente generale dell’Azione Cattolica Italia, mons. Gualtiero Sigismondi, nella sua omelia durante la celebrazione eucaristica che ha fatto seguito alla prima sessione del XXXIX Convegno Bachelet dedicato a “Il futuro delle democrazie” alla Domus Pacis di Roma. “Egli ha esercitato il servizio dell’autorità usque ad sanguinis effusionem”, ha ricordato Sigismondi a proposito della morte di Bachelet per mano delle Brigate Rosse. Richiamando la “passio” di san Giovanni Battista, il vescovo ha sottolineato come “davanti alla testa del Battista la figura di Erode impallidisce; egli è un potente che, nella sua tracotanza, non riesce a sopportare chi, come Giovanni, si comporta da uomo libero”. “Questa arroganza – la sottolineatura di mons. Sigismondi – ha contaminato anche gli uomini delle Brigate rosse i quali, il 12 febbraio 1980, hanno osato freddare il corpo di Vittorio Bachelet. Vano è stato il loro tentativo di spegnere il ‘roveto ardente’ del suo servizio civile ed ecclesiale, a cui l’associazione di Azione Cattolica, che ne ha misurato la statura e la nobiltà, si accosta togliendosi i sandali dai piedi (cf. Es 3,5)”. “Ricordare – ha proseguito – è una delle espressioni più alte della gratitudine: chi non ha il senso della storia non avrà ‘memoria del futuro’ e sarà inesorabilmente destinato a inciampare in errori e fallimenti”. “Con l’eredità di sapienza ricevuta da Vittorio Bachelet, i soci di Azione Cattolica Italiana possiedono come una fiaccola che, oltre a risplendere, illumina”, ha ammonito il vescovo, concludendo che “a Bachelet è ‘cosa buona e giusta’ dedicare quanto don Primo Mazzolari diceva del suo vescovo, mons. Geremia Bonomelli: ‘Il tempo non ha ancora compiuto il ponte tra la nostra mediocrità e la sua grandezza, tra il suo perdersi e il nostro calcolare’”.

di Vincenzo Defilippis