Dopo le elezioni 2015

Venerdì, 11 Settembre, 2015

I ballottaggi nei comuni hanno chiuso la tornata elettorale 2015. Nelle regioni si è sofferto, nei comuni si è perso.

Più ci si avvicina nel rapporto amministrativo con i cittadini, più quel rapporto entra in crisi.

Basterà tutto questo per far prendere al Governo in seria considerazione i continui segnali di allarme lanciati dai sindaci?

La gente è in crisi, ha paura e riversa la sua rabbia nei territori.  Chi amministra è sempre più in difficoltà. Il malcontento cresce tra i cittadini, costretti a fare i conti con un Paese che, nonostante gli annunciati cenni di ripresa, continua a faticare. Le scelte del Governo nazionale di contenimento delle spese, di sempre maggiori vincoli su regioni e comuni e di addossare agli enti locali una parte importante dell’imposizione di tributi, sposta il conflitto nei territori.

Bene lo sanno coloro che ogni giorno se li trovano davanti; amministratori che si sentono soli e inascoltati. Da tempo lanciano segnali che a Roma nessuno raccoglie. Il 6 ottobre 2014 centinaia di loro sono stati ricevuti nell’Aula di Montecitorio da parlamentari e membri del Governo. Sono agli atti le dichiarazioni, gli interventi dei sindaci durante quell’incontro. Nulla è cambiato da allora.

Poche settimane dopo, a Milano, i sindaci hanno lanciato l’allarme dall’assemblea nazionale dell’ANCI: per tutta risposta dopo pochi giorni si sono visti recapitare un decreto che imponeva l’IMU sui terreni agricoli a copertura di minori trasferimenti stralciati ad un mese dalla chiusura dei bilanci annuali. I comuni hanno dovuto fare ricorso contro il provvedimento del Governo per poter ottenere una modifica che scongiurasse il peggio. E quest’anno i bilanci dovranno fare a meno di ulteriori risorse, mentre per il prossimo anno si teme già un annunciato provvedimento del Governo che toglierà ulteriori trasferimenti e assegnerà totalmente ai comuni l’imposizione tributaria sui patrimoni immobiliari. Il Paese non si salverà mandando allo scontro con i cittadini i Comuni e serve su questo aprire urgentemente un canale di dialogo, per troppo tempo invocato senza esiti.

Si apra senza indugio un confronto serio, a partire dalle sedi già previste e deputate. I temi che riguardano il Paese possono essere interpretati correttamente dallo Stato solo con il confronto e la prossimità di chi vive un rapporto quotidiano con la gente. La discussione con gli amministratori locali, a cui più volte il premier Renzi ha richiamato l’appartenenza, non è più rinviabile.

Si parta per esempio da una discussione sulla Local Tax prima che venga imposta, non dovendo prevedere correttivi ex post come si è fatto per la IMU agricola, trasformando i Sindaci da protagonisti della vita locale in “questuanti” per conto dello Stato.  E così, anche il cammino delle riforme non potrà essere intrapreso senza comprendere le esigenze e le attese dei territori, senza conoscere davvero e fino in fondo quali siano i temi che la gente vuole sentire trattati e quali risposte attende. I risultati elettorali dimostrano che, anche laddove le amministrazioni hanno portato importanti risultati su fronti ritenuti strategici, si può perdere e si perde.  Inutile girarci intorno: la gente non sente trattati i temi che vorrebbe sentire trattati. Immigrazione, pensioni, lavoro, diritto alla casa, lotta a corruzione e privilegi. Un italiano medio con crescenti difficoltà chiede a chi amministra come può fare a tirare avanti, a pagare i tributi che Stato e Comuni impongono, a stare dietro a bollette ed altro e a come non sentirsi da solo in un Paese che a lui sembra spendere troppo per aiutare chi arrivi da fuori. E a lui, queste macchine amministrative locali sembrano chiedere sempre di più, dandogli persino meno che in passato. Giuste o sbagliate che siano le sue considerazioni, a queste bisogna rispondere. Altrimenti il cittadino medio cerca altrove la soluzione, abbandonandosi ad un inutile gioco dell’alternanza che nel medio termine non produce gli effetti sperati, lasciando sul campo, guarda caso, ogni volta di più, pezzi di elettorato che, delusi, decidono per il non voto. Partiti e Governo ascoltino chi amministra le città, prima di tutto. Prima che sia tardi.