Dalla crisi due domande

Lunedì, 19 Agosto, 2019

Quale uscita dalla crisi?
…e in questo percorso, quale ruolo per i cattolici?

Sono le due domande che in queste settimane più circolano nelle conversazioni individuali come nei dialoghi ai campi scuola. Non ho le competenze per parlare delle modalità politiche e istituzionali con cui usciremo dalla crisi politica del governo Lega-M5Stelle, che si prospetta comunque una delle più ardue di tutta la storia repubblicana (per cui un pensiero grato al nostro Presidente Mattarella). Provo quindi ad esprimere una riflessione da cittadino e da laico cristiano, oltre che da insegnante e da papà/nonno. Tre passaggi sui quali riflettere (non solo individualmente): i motivi di preoccupazione in campo politico; i riflessi sul piano culturale ed educativo; quale contributo sono chiamati a dare i cattolici in questa fase.

 

RITORNO ALL’INDIETRO

La situazione emersa dalle due ultime tornate elettorali (politiche del marzo 2018, europee del 2019) ci presenza la netta affermazione delle formazioni sovraniste e populiste in Italia (Lega, M5S, Fratelli d’Italia). Anche se tali forze a livello europeo -pur con risultati in crescita- non hanno dilagato, resta comunque la preoccupazione per la precarietà del quadro politico dell’Unione Europea. Sul piano nazionale, l’oggettivo estremismo di queste forze costituisce una minaccia alla democrazia e alla stabilità delle istituzioni, ai rapporti internazionali improntati alla cooperazione e alla pace, all’affermazione dei principi costituzionali di libertà, uguaglianza, già resi più fragili dal forte astensionismo.

A questo si affianca la preoccupazione per la mancanza di una riflessione culturale-politica capace di offrire un progetto per il futuro: la conquista del consenso ha puntato sulla rabbia, sulla confusione ed il malcontento, sollecitando un voto “contro”: infatti, tanto la campagna elettorale per le regionali quanto quella per le europee - e sovente anche per le comunali - ha evidenziato, specie da parte delle forze che hanno vinto, una quasi totale indifferenza ai temi e ai problemi reali, oltre che una notevole spregiudicatezza rispetto ai rapporti istituzionali e ai riferimenti costituzionali.

Astensionismo e magistero. Ulteriore, ma essenziale, motivo di preoccupazione riguarda quel 52-55% di cattolici praticanti che non sono andati a votare (nonostante l’invito dei vescovi a partecipare); nonché il forte consenso a Lega e Fratelli d’Italia espresso dai cattolici (si stima circa il 38-40%), nonostante le posizioni di questi due partiti siano in palese contrasto con il magistero della chiesa. 

Una situazione, dunque, particolarmente grave e per certi aspetti inedita, che alcuni ritengono preludere quasi ad una ‘battaglia finale’ capace di decidere circa il futuro permanere del sistema liberal-democratico in Italia o una sua rapida deriva verso forse forme neo-autoritarie. Nonostante l’integrazione nell’Unione Europea abbia permesso al nostro paese un progresso rilevante, dopo decenni di instabilità politica e la recente crisi economica, la lunga transizione italiana è sfociata in un esperimento originale e contradditorio, incrociando due illusioni: quella della democrazia diretta e il desiderio di cambiamento, garantito dalla tecnologia e quella del rifiuto della globalizzazione, con uno sguardo all’indietro, venato di particolarismo e nazionalismo.  

Da un lato il ventennio berlusconiano ha ampiamente contribuito ad alimentare la mentalità individualistica diffusa, catalizzata dal mito consumistico, divenuto l’orizzonte di senso per ampie masse di persone. Su questo si sono facilmente impiantati gli slogan sovranisti e populisti che hanno fatto leva sulle paure e sulla chiusura (“prima gli italiani”, “aiutiamoli a casa loro”, “fuori dall’euro”, “senza Europa staremmo meglio”, la contrapposizione tra popolo ed elite, ecc…).

Dall’altro lato, il centro-sinistra non è riuscito a trovare una unità solida e permanente in un progetto riformista, diviso tra le matrici post-rivoluzionarie, socialdemocratiche, cattolico-democratiche e liberal (oltre che debitore della lunga stagione di gestione del potere locale); esso ha pagato la gestione della crisi economica mondiale e dell’ondata migratoria. In questo contesto si registra una scarsa rilevanza politica dei cattolici italiani, che faticano ad esprimere una voce incisiva e condivisa. Ciò segnala la combinazione tra un senso di appartenenza sempre più labile alla comunità cristiana e una fluidità nella scelta politica di molti cittadini, che sembra segnare la fine delle appartenenze stabili ad un partito o almeno ad uno schieramento, secondo lo schema classico “destra/sinistra”.

C’è poi un elemento piuttosto inedito: l’incunearsi della politica sovranista nella comunità ecclesiale, facendo leva sui temi dell’identità “italiana e cattolica” in contrapposizione alle altre culture e religioni, puntando sulla “difesa dei valori cattolici” (in primis il tema della “famiglia tradizionale”, come palesatosi nel recente convegno di Verona) in ormai aperto contrasto col magistero di Francesco e con la posizione di molti vescovi italiani, ma con non pochi consensi tra il clero di base. La saldatura tra gruppi cattolici tradizionalisti e progetti politici di Lega e FdItalia trovano ulteriori connessioni sia con l’amministrazione USA di Trump (si pensi ai rapporti della Lega con Steve Bannon) sia con quella russa di Putin (si vedano le relazioni della Lega con Alexander Dugin o il recente ‘caso Moscopoli’). In sostanza una collegamento con chi -USA e Russia- è unito nel comune intento di spaccare l’Unione Europea e di mettere in discussione “l’universalismo cristiano dei diritti” e quella “ecologia globale” che Francesco continua a ribadire di fronte alla globalizzazione senza regole, alla crisi climatica e ai suoi riflessi sui più poveri.

 

I GUASTI EDUCATIVI

L’uscita dalla crisi, aldilà dei tempi necessari per imbastire un nuovo governo e/o tornare alle elezioni, si presenta certo non breve. Per diversi motivi che riguardano il piano culturale ed educativo.

  1. Anzitutto sono profondi i guasti provocati nella mentalità di tanti italiani da un modo irresponsabile di gestire il potere politico. Una gestione centrata semplicemente sulla figura di leader alla conquista del potere (possibilmente quasi totale, da spartire con “i propri uomini”) pone infatti in discussione alcuni dei valori chiave del sistema liberal-democratico: la libertà, la pluralità ed il ruolo dei partiti politici, la laicità della politica ed il suo ancoraggio ad una base morale, il rapporto tra popolo e rappresentanza politica. Il funzionamento di tale sistema politico liberal-democratico è basato sulla dialettica tra diversi soggetti politici collettivi (partiti, movimenti), a partire da una base comune condivisa (i principi costituzionali) e da diverse visioni e progetti di società/economia (visioni e progetti possibilmente complessivi e non solo relativi ad aspetti specifici, quand’anche rilevanti), sulla base dei quali  si individuano le priorità e si cercano le soluzioni ai problemi della società, attraverso un rapporto costruttivo tra stato centrale e autonomie locali, giovandosi del ruolo dei “corpi intermedi”, ossia di tutte quelle aggregazioni di cittadini che operano nella società, nonché di quelle di istituzioni essenziali per la gestione pubblica (si pensi al sistema scolastico-formativo, a quelli sanitario, giudiziario, fiscale, amministrativo).
  2. I guasti sul piano politico, si riflettono sul modo di pensare, sulle prassi educative e sulla percezione della realtà, anche a causa di un uso distorto del linguaggio che – banalizzando e  manipolando i contenuti - fa leva sulla denigrazione, il disprezzo dell’avversario o di chi è inteso come “nemico”, “pericolo”, “diverso”, fino all’odio e alla trasformazione dell’altro in un numero, un aggettivo, un’animale ripugnante da schiacciare (per cui si può passare più agevolmente dalle parole ai gesti). Si obietterà che questo tipo di linguaggio era già presente nella società (di cui certamente la politica è specchio piuttosto fedele). Ma quando tale linguaggio distorto viene usato intenzionalmente da politici e ministri ha il tremendo effetto di legittimare pensieri e azioni contrarie alla dignità umana (non solo delle vittime, ma anche di quanti le esprimono e le pongono in atto). Si farà notare che certi linguaggi e modalità di propaganda politica hanno pure illustri (si fa per dire) precedenti nella propaganda fascista e nazista; certo oggi si usano meccanismi molto simili anche con tecniche che sfruttano le potenzialità di internet e dei social media (è ormai stato individuato il meccanismo attraverso cui esperti – pagati, perdipiù con soldi del ministero degli interni - attivano campagne denigratorie contro chi osa contestare le iniziative del Ministro). Un’efficace combinazione di vecchio e nuovo, in cui l’uso della violenza verbale e fisica segue una escalation prevedibile (e ben poco contrastata), anche nei confronti di chi ha semplicemente la pelle di diverso colore, ha un diverso orientamento sessuale, …. Purtroppo l’uso o almeno la condiscendenza verso questo linguaggio è entrato anche nella comunità cristiana
  3. La questione dell’ atteggiamento verso i migranti è emblematica. Per due aspetti: anzitutto si è costruita ad arte una “narrazione” per cui l’immigrazione sarebbe una “invasione” mirata a sostituire la popolazione di origine italiana/europea con una africana/asiatica; si è cioè falsificata la realtà, le cause e le dimensioni del fenomeno, inventando pure un “complotto” dei “poteri forti europei” ai danni dell’Italia e della civiltà occidentale. Il tutto sta pagando sul piano del consenso. In secondo luogo – e più profondamente - si è trasformata una situazione di povertà (la fuga dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione) in un pericolo e poi in una colpa, a cui non si può rispondere con pietà o compassione (neppure quando si tratti di bambini). Già 10 anni orsono si è trasformato il migrante, il profugo in un “clandestino”, quindi in un ‘fuori legge’. Con la recente serie di “decreti sicurezza” si è tolta la possibilità per decine di migliaia di rifugiati di far parte di programmi di inserimento/integrazione, trasformandoli in irregolari. Infine – anche attraverso la politica dei ‘porti chiusi’ - si è rovesciato anche il principio umanitario del soccorso, divenuto una colpa, un reato. Quelli che un tempo erano considerati “buoni” perché generosi e disponibili ad aiutare il prossimo, vengono ora presentati come “buonisti” irresponsabili o falsi (perché mossi da interessi nascosti) e pericolosi “nemici della patria”, gente che si oppone “a chi ci difende”
  4. Ma la vicenda migranti si è trasformata anche in una trappola mediatica ed emotiva. Per molti. Per motivi diversi, opposti. Chi ha seguito la linea della Lega e di FdI rischia di non capire più quanto sta realmente capitando, oscurato da una ossessione, non riesce più a cogliere la dimensione umana del fenomeno, la sua consistenza e la sua natura strutturale per i prossimi decenni. Dall’altra parte, chi si oppone alla linea di Salvini rischia di fermarsi all’aspetto umanitario (peraltro decisivo), senza misurarsi con la necessità di ‘governare’ il fenomeno migratorio e ad immaginare una politica complessiva, italiana ed europea, rispetto all’Africa e ai conflitti mediorientali. In entrambi i casi è un arretramento della politica, lacerata tra propaganda ostile ed istanza etica  C’è un altro aspetto della trappola in cui gli italiani sono stati condotti: la questione migranti è divenuta sia il criterio decisivo per giudicare e scegliere un leader, sia il “filtro” per giudicare alcuni problemi (come la disoccupazione o il rapporto con l’Europa). Ciò ha in parte sortito l’effetto di ‘distrarre’ colpevolmente i cittadini dalla realtà degli altri – e ben più rilevanti - aspetti sociali ed economici: l’incidenza della malavita organizzata e della corruzione nel sistema economico e politico-amministrativo, gli investimenti in formazione (scuola, università, …) e per l’innovazione tecnologica necessari a sostenere uno sviluppo compatibile con l’ambiente, l’integrazione europea e la lotta all’evasione fiscale,   gli interventi socio-assistenziali e gli investimenti nel lavoro per far fronte al crescere delle diseguaglianze tra gruppi sociali, tra territori e tra generazioni. 

 

LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI CATTOLICI  

Poiché le conseguenze della crisi politica si sono pesantemente riflesse sulla mentalità e sull’educazione di adulti e giovani, l’uscita dalla crisi sarà reale quando e nella misura in cui si opererà sulla mentalità e sull’educazione. Infatti, di per sé la gravità della crisi politica non genera automaticamente il suo superamento, anzi può condurla ancor più a fondo nel baratro della violenza, del nazionalismo, dell’autoritarismo, della disumanità. Per questo i cristiani devono sentirsi chiamati ad un impegno attivo, sia rispetto all’indifferenza (di chi pone tutte le politiche e i partiti in campo sullo stesso piano, attribuendo un giudizio negativo e di estraneità alla dimensione politica), sia rispetto a quanti ritengono che rabbia, paura, ostilità debbano prevalere sulla coscienza, sulla partecipazione, sull’incontro,  sulla costruzione di regole e progetti condivisi.

E’ questo l’ambito proprio della  responsabilità civile, che domanda di essere cittadini e cristiani consapevoli: proprio le ragioni della fede ci sollecitano ad una seria attenzione alla vita sociale, da cui non possiamo chiamarci fuori, quasi che potessimo lavarcene le mani, magari in nome di una quale esigenza ‘spirituale’ o – più facilmente – per un senso di impotenza, di incompetenza, di incapacità a capire. E’ solo con un paziente lavoro formativo di base, di dialogo informale e di proposta associativa che si possono contrastare questi atteggiamenti e aiutarci a prestare attenzione critica a quanto capita e a quanto viene propagandato, inquadrando gli aspetti emotivi che spesso sovrastano la ragionevolezza, il buon senso, il confronto con la realtà.

A questa opera paziente, si deve accompagnare però una chiara presa di posizione nei confronti dei rischi politici e culturali di questa fase di cui abbiamo sopra accennato:  la crisi del sistema democratico; l’uso di un linguaggio violento e manipolatorio; l’introduzione di politiche e norme che ostacolano, anziché favorire, il rispetto della dignità della persona umana. Ciò è reso ancor più necessario poiché la situazione attuale non solo prospetta problemi, ma pone il rischio di un cambio radicale di sistema.

C’è poi il nodo dello strumento propriamente politico utile e possibile per una presenza costruttiva dei cattolici nella società nazionale ed europea. In quest’ambito, da più parti è affiorata l’ipotesi di un nuovo partito cattolico o di ispirazione cattolica che possa raccogliere il contributo e la partecipazione dei cattolici. Tali ipotesi nascono dalla percezione di una scarsa rilevanza dei cattolici italiani sul piano politico, non solo per la diffusa confusione e disillusione ma anche a motivo della loro ‘dispersione’ nei vari partiti oggi operanti. Però – proprio per questa dispersione, che segnala la varietà degli approcci maturati in questi anni successivi alla fine della DC, unitamente alla fragilità del tessuto ecclesiale/sociale e dell’azione formativa della comunità cristiana proprio su questo versante – appare difficile immaginare una aggregazione compatta e pronta ad una programmazione convincente, capace di aggregare un consenso significativo.

Resta in ogni caso l’impegno per i cattolici a individuare gli spazi e gli strumenti per una partecipazione politica, che sappia elaborare progetti che - laicamente - siano traduzione per il nostro tempo dei principi costituzionali ed il più possibile coerenti con la visione evangelica dell’uomo, della convivenza sociale e del rapporto con l’ambiente, che il magistero di Francesco ci illustra.

Il dibattito é aperto, si attendono opinioni