Chi fa i ministri

A mio avviso ogni ragionamento sul ruolo del Presidente della Repubblica al momento della nomina dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio è insufficiente se non si distingue fra situazioni di normalità costituzionale e situazioni di potenziale eversione. Nella normalità costituzionale la scelta dei ministri spetta al Presidente del Consiglio, dietro il quale ci sono fisiologicamente i partiti di maggioranza. Ciò non vuole affatto dire che il Presidente non possa formulare rilievi, suggerimenti, consigli ai partiti e al presidente del Consiglio incaricato. Qui sta infatti il suo ruolo di “magistratura di influenza” e vi è un importante spazio di persuasione di cui il Premier ed i partiti farebbero bene ad avvalersi (e anzi sarebbero stupidi a non farlo). Ma oltre questa soglia l’art. 92 ha senso solo se letto alla luce dell’art. 94 (il governo deve avere la fiducia delle due Camere), dell’art. 49 (i partiti concorrono a determinare la politica nazionale) e alla fine dell’art. 1 (sovranità popolare). Pertanto, a mio avviso la proposta dei ministri formulata dal Premier – fatta salva la doverosa apertura alla persuasione – è vincolante, a meno che il Presidente non abbia argomenti assai solidi per ritenere che esista la base parlamentare per un altro governo, magari con un altro Premier, che non gli proponga ministri da lui ritenuti non idonei.
Questo ragionamento, tuttavia, vale per il tempo della normalità costituzionale, che include ovviamente anche l’alternanza al governo tra forze politiche diverse (ed include l’avvento al potere di forze del tutto nuove). Ma il vero problema è se queste regole valgano anche in situazioni di anormalità costituzionale, in cui possono essere messi in gioco i pilastri della convivenza e in cui sono in azione forze eversive dell’ordine costituzionale (da intendersi oggi in forma integrata con l’Europa). Torniamo dunque alla lettura della situazione post-4 marzo: i due partiti populisti vincitori sono dentro o fuori del quadro delle opzioni politiche perseguibili in una democrazia costituzionale operante nell’ambito dell’Unione europea intesa come unione a lungo termine fra Stati che continuano ad essere sovrani? Questo è il vero problema. Se la risposta è positiva, a mio avviso Mattarella dovrebbe piegarsi e nominare i ministri proposti dal Premier incaricato, magari previe rimostranze, anche pubbliche. Se la risposta è negativa, si apre tutto un altro ordine di questioni, in cui il Presidente entra in azione come garante degli equilibri ultimi della Costituzione (come motore di riserva, ad es. Napolitano nel 2011) e ogni appiglio offerto da quest’ultima è buono per giustificare la difesa di essi.
 
di Marco Olivetti