Camaleontismo e coronavirus

Dopo l’esperienza non ancora conclusa della pandemia, ci si aspettava, come in altre occasioni era stato auspicato, un cambiamento netto di rotta nella ricostruzione dei rapporti tra le persone e nel modo di concepire e di usare la politica nella progettazione e nella costruzione del futuro. Dai toni del dibattito, che si sta portando avanti nel Paese, invece, è facile intuire che la terribile lezione del coronavirus sia, ormai, considerata, dai più, in maniera irresponsabile, una storia passata, che sta per essere archiviata come se nulla, nel frattempo, fosse mai accaduto. Pur non tifando per la categoria dei pessimisti, c’è obiettivamente da ammettere che se i comportamenti continueranno ad essere sempre gli stessi, da qui a breve, questa società si troverà sul ciglio di un baratro, dal quale sarà davvero molto difficile tornare indietro, tenendo anche conto del fatto che potrebbe andare sprecata l’occasione che si è creata di riformare la società e di cambiare l’ordine delle cose. Tutto quello che sta accadendo in questi ultimi tempi, sia sul piano territoriale che su quello nazionale e internazionale, lascia presagire, purtroppo, che le cattive abitudini, che si sperava appartenessero, ormai, al passato, stiano ritornando a far danno con maggiore virulenza di prima. C’è un evidente rischio di ritorno al passato: ognuno sta lavorando per trarre vantaggio da questo momento, che dovrebbe, invece, costituire occasione di rinascita per tutti. A parte i proclami, nulla di nuovo sta accadendo: si sta tornando al piccolo cabotaggio quotidiano, al particolarismo, alle meschinità, all’individualismo, per cui il grosso dei problemi che dovrebbe essere affrontato e risolto dalla politica e dalle istituzioni, corre il rischio di continuare a pesare solo sulle spalle dei più deboli e della gente comune. Sarebbe bello, invece, poter scrivere una nuova e più significativa pagina di storia ma, purtroppo, c’è chi ancora preferisce continuare a sporcare quella presente; ma non è ancora detta l’ultima parola!

di Salvatore Martino