Acuta attualità dell’impegno per la famiglia

Venerdì, 4 Dicembre, 2020

Tutto stava cambiando e cominciava a emergere la «società liquida», in un appunto del 1970 Paolo VI ebbe a scrivere che il divorzio avrebbe attentato alla solidità dell’istituto familiare e della compagine sociale, per la pedagogia del costume e del concetto autentico dell’amore.

L’introduzione del divorzio – della disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio –, avvenuta l’1 dicembre di cinquant’anni fa, è solo una legge. Ma di fronte ai fatti, in questo caso agli atti, che agitano l’ordine sociale è sempre doveroso chiedersi se si tratti di un incidente di percorso o di un segno dei tempi. Paolo VI non aveva dubbi: la legge avrebbe anticipato i grandi mutamenti di quegli anni. La legge sul divorzio sarà l’evidenza giuridica di una civiltà che lascia la solidità e l’omogeneità per vivere la differenza, la mutevolezza, l’eterogeneità.

D’altra parte il ’68 aveva già aperto una nuova dimensione del rapporto tra uomini e donne, delle traiettorie di vita e del desiderio nel quotidiano: si abbandona l’idea del senso unico e delle scelte fatte per sempre per abbracciare l’ipotesi di una libertà che cambia l’immaginario individuale e collettivo. Con le parole di oggi potremmo dire che eravamo all’inizio dell’epoca della liquefazione, del passaggio di stato dal solido al liquido. La modernità liquida di Bauman era già tutta lì, in quel dettaglio, in quell’atto. Paolo VI parla infatti di attentato alla solidità dell’istituto familiare, e come lui tanti altri commentatori useranno l’aggettivo solido per dire di quanto stia venendo meno. È il cambio d’epoca di una civiltà dai valori contadini, di una immutabilità naturale e sociale, a una civiltà che farà del cambiamento la cifra identitaria. Fine dei sacrifici e inizio del benessere: dall’etica del lavoro all’estetica dei consumi.

Anche Pier Paolo Pasolini avrà qualcosa da dire su questo, ma non in chiave anti-libertaria, quanto contro un consumismo che già dispiegava i suoi effetti negativi. La perdita di solidità si coglierà anche in politica, dove i partiti - al pari della famiglia - iniziano in quegli anni ad essere messi in crisi dai movimenti collettivi, dai nuovi bisogni sociali. Il ruolo dei due grandi partiti – Dc e Pci – non basterà ad esaurire la richiesta di una nuova politica, di nuovi valori che avanzano, di cercare nuovi e più avanzati equilibri. I partiti, da soggetto quasi pedagogico in termini politici e sociali, si scoprono a dover rincorrere la società e il suo desiderio di promuovere nuove istanze per lenire anche nuove povertà, i nuovi malesseri.

Un periodo di grandi attese, insomma: la libertà si associa alla speranza di un mondo migliore, o forse anche solo di maggior benessere. Non tutto, come sappiamo, andrà benissimo. Intanto queste nuove tendenze mettono in discussione i soggetti principali di un mondo che lentamente svanisce a favore di un altro: ne fanno le spese – appunto – la famiglia e i partiti, destinati entrambi a mutare assieme alla scuola, all’associazionismo, al sindacato, all’impresa. In questo senso il passaggio della legge sul divorzio – che si completerà nel 1974 col referendum che non abroga la legge – è un passaggio centrale.

Niente sarà come prima, né la famiglia né la democrazia. E questo vale anche per il mondo cattolico. I fermenti conciliari lievitano e producono anch’essi la richiesta di andare oltre la Dc. I principali movimenti, le Acli stesse, prenderanno posizione per il Sì, ovvero per l’abrogazione del divorzio, ma non in chiave fanfaniana: come a dire Sì alla Chiesa e No al collateralismo dei cattolici nella Dc. Eppure non mancheranno autorevoli figure del mondo cattolico – partito, sindacato e associazionismo: anche delle Acli stesse – impegnati nel fronte del No. I cattolici per il No vanno interpretati anche come esplicita manifestazione di superamento dell’unità dei cattolici in politica in vista di una scelta di libertà. È dunque e comunque in discussione la solidità della Dc e del 'blocco bianco' in politica.

Anche questo è uno scioglimento. L’introduzione del divorzio nel nostro ordinamento fu dunque qualcosa di più di un fatto privato o di costume, relativo alle contromisure da prendere contro un’idea di famiglia ancora tutta giocata sull’indiscutibile potere maschile e sulla sottomissione femminile. Il divorzio rappresenta la presa d’atto di un’Italia che si scopre mutata nel profondo, nelle sue radici etiche e culturali. Un documento delle Acli del 1970 si conclude infatti affermando come sia necessario rafforzare l’impegno educativo, orientativo e formativo, soprattutto verso le giovani generazioni. La sfida è sempre culturale. È ancora oggi la grande sfida, per dare forza la famiglia. Solo una curiosità: in realtà quel documento si chiude chiedendo una seria politica per la famiglia. Ecco, quella la stiamo ancora aspettando. Scrutando, ovviamente, l’attuazione concreta del Family Act.