9 maggio festa dell’Europa. 70 anni di pace e prosperità. E domani?

Venerdì, 8 Maggio, 2020

Il 9 maggio, Festa dell’Europa, noi ricordiamo la presentazione da parte di Schuman del piano di cooperazione economica ideato da Monnet ed espresso nella  cosiddetta Dichiarazione di Schuman. Quella dichiarazione riprendeva un’idea chiara a Monnet ed oggi ancora più valida secondo cui  «Non ci sarà pace in Europa se gli Stati verranno ricostituiti sulla base della loro sovranità nazionale [...] gli Stati europei sono troppo piccoli per garantire ai loro popoli la necessaria prosperità e lo sviluppo sociale. Le nazioni europee dovranno riunirsi in una federazione. »

Ora se questa considerazione era vera nel dopo guerra appare  ancora  più attuale oggi dopo questa pandemia.

Tuttavia le difficoltà, gli ostacoli e le resistenze che vengono posti di volta in volta a turno da diversi stati membri dell’Unione , al proseguimento del processo di unificazione, suscita in molti il dubbio sul futuro dell’ Europa e se l’Europa abbia un futuro.

Dubbi ancor più forti all’indomani della sentenza della corte costituzionale tedesca, che ha rimandato ad una istituzione europea: la Banca Centrale Europea l’obbligo di rispondere del suo operato nonostante un’altra istituzione europea la Corte di giustizia avesse dichiarato lo stesso operato legittimo. L’operato sotto inchiesta è quello dell’allora governatore Draghi , che mettendo in atto il famoso “whatever it takes” ha salvando i debiti sovrani dalla speculazione e per giudizio universale salvato l’euro. Infatti è noto che il QE è soprattutto stato importante per stati fortemente indebitati come l’Italia.

L’accusa, senza entrare nei dettagli tecnici, è quella di aver agito in modo non proporzionato avendo effetti per esempio anche sui tassi di interesse con cui si remunerano i risparmi andando oltre ad una semplice politica monetaria.

Il risultato del pronunciamento tedesco, in un momento altrettanto complicato come quello causato dalla pandemia del coronavirus , è quello di generare irritazione ed incertezza, o addirittura scenari più foschi come quelli della dissoluzione dell’Unione Europea. Infatti la insostenibilità del debito italiano genererebbe un effetto domino su tutta l’impalcatura europea.

Questo è l’ultimo intervento nazionalistico in ordine di tempo a difesa di uno stato membro , anche se di gravità enorme dato il peso politico ed economico della Germania per le implicazioni che può generare.

Questo sentimento di chiusura o almeno di tepidezza verso l’Europa, come ha ricordato Prodi, che sta permeando tutte le  nazioni europee attraversate ognuna da difficoltà diverse ma severe può compromettere il futuro dell’Unione?

Il percorso dell’Unione Europea non è mai stato facile e a volte la meta è parso eclissarsi. Oggi la meta: quella della federazione europea nel tortuoso percorso pare naufragare, ma per comprendere se siamo di fronte ad un naufragio o ad un temporaneo appannamento bisogna analizzare la strada percorsa e quella da percorrere. Infatti l’unificazione europea , e questo lo sapevano bene Adenauer, Schuman e De Gasperi, non dimentichiamolo mai, cristiani di nazioni di confine, non è un dato conseguito e codificato una volta per tutte, ma un processo di nazioni e popoli liberi che si concretizza nel tempo. Molte volte con accelerazioni a seguito di crisi.

Libertà e progressività sono il DNA che fa sì che l’Europa non si costruisca in un solo giorno, ma sia un cammino di parecchi anni.

Da un punto di vista economico molta strada è stata fatta, le economie europee sono sempre  più interdipendenti. Il passo importante ed irreversibile dell’euro ha dato ruolo all’economia europea che non va dimenticato è il mercato mondiale più importante. Un mercato unico di 446 milioni di abitanti con libertà di circolazione di beni persone e capitali. Si è rafforzata la stabilità bancaria sul problema dei debiti privati. Di fronte alla crisi della pandemia , rispetto a quella finanziaria del 2007, la reazione è stata più rapida sia sospendendo il Patto di stabilità , avviando investimenti tramite  la BEI , che creando ed attivando il fondo europeo Sure contro la disoccupazione fino a 100 miliardi di euro.( non dimentichiamo che questo progetto sociale era sempre stato ostacolato dalla Gran Bretagna) Ma tutto ciò  è intervento d’emergenza , ma non è sufficiente per costruire il futuro.  Un futuro che presenta tendenze preoccupanti.

Il documento economico presentato dal Commissario Gentiloni il 6 maggio scorso prevede nel 2020 un calo del PIL dell’area euro del 7,7% con una forbice tra il 9,7% della Grecia e il 5,4% del Lussemburgo ma con i quattro paesi più importanti gravemente colpiti  Germania -6,5% Italia -9,5% Spagna – 9,4% e Francia -8,2%. Ed una ripresa nel 2021 che non compensa totalmente il crollo. La disoccupazione oltre il 9% , precisamente 9,6%, con punte critiche in Grecia 19,9%, Spagna 18,9%, Italia 11,8% e Francia 10,1%.

Siamo come sospesi tra un passato incompiuto ed un futuro incerto, ma il cui esito non è predefinito, dipende da come lo si vuole affrontare.

Ora è chiaro che la sfida odierna che sta di fronte all’Europa è di quelle esistenziali. Credo siamo arrivati al nodo dei nodi e cioè al ruolo degli stati nelle dinamiche decisionali europee.

Certamente la macchina burocratica e istituzionale di Bruxelles cresciuta in questi anni ha bisogno di una profonda revisione, ma la maggior parte delle volte che si sono posti degli ostacoli a passi in avanti nella costruzione europea , questi sono sorti dal Consiglio, dove sono di volta in volta rappresentati i Presidenti o i vari Ministri degli stati membri e che ,come è noto, decide con il metodo dell’unanimità e quindi ogni stato piccolo o grande ha diritto di veto. Le decisioni del Consiglio di fatto espressione della volontà degli stati sono diventate il paravento e la giustificazione dei sovranisti ( paradossi della storia ! ) per attaccare l’Europa.

La sentenza della corte tedesca oltre a esprimere un conflitto con la corte europea e quindi riproponendo  la questione della gerarchia delle fonti tra diritto statuale e diritto europeo , non pone solo il problema del ruolo della BCE , ma indirettamente anche quello delle altre istituzioni come la Commissione e a fianco di questi la necessità  che  finalmente i governi esprimano in quale direzione vogliono andare.

Il finanziamento dei provvedimenti per contrastare la crisi sono di tale entità che non possono essere a carico della BCE.

Se l’eurosistema ha dimostrato di poter funzionare come una vera istituzione federale esso non puo’ agire da solo , troppe volte è diventato il paravento che le forze politiche hanno usato per non esporsi in prima persona rispetto ai propri elettori. Tuttavia senza un rafforzamento sul versante politico sociale anche quello economico finanziario crollerà.

Su questa strada la proposta dei recovery bond e dei recovery found sono un altro piccolo passo verso una maggiore unità europea, ma certo al loro fianco c’è anche il tema ancora aperto delle risorse del bilancio europeo. Vedremo cosa proporrà la Commissione. Nessuno ci guadagnerebbe dalla frammentazione o da una politica di sterilizzazione della capacità operativa della Commissione.

Il mondo e anche l’Europa uscirà da questa crisi con una montagna di debiti, alcuni dei quali insostenibili. Non a  caso Draghi propose giorni fa sul WSJ azioni energiche ed anche drastiche di intervento a sostegno dell’economia e altre come l’ipotesi di cancellazione del debito privato.

Senza adeguati interventi crescerà la divergenza fra gli stati e i modelli sociali ed economici saranno messi in crisi.

Indubbiamente molte volte dietro alle ostinate posizioni antieuropee  degli stati membri si nascondono crepe interne non indifferenti. Il problema è che gli stati pensano di risolverle nel recinto nazionale sprofondando lentamente verso l’irrilevanza internazionale .  La Germania che è il perno economico della Unione Europea ha perso la maggior industria europea di robotica a vantaggio dei cinesi, la sua industria automobilistica è stata pesantemente colpita dal dieselgate, il sistema bancario tedesco ha problemi seri non ancora risolti dalla crisi finanziaria del 2007,  la crescita economica si è fermata; per ricordare i temi più caldi. L’Olanda sebbene abbia una finanza pubblica sana ha un debito privato altissimo in alcuni casi insostenibile; l’indebitamento delle famiglie è il 97% del PIL. I vantaggi di mantenere il paradiso fiscale stanno entrando in crisi e non sono più un dato acquisito senza obiezioni dagli altri stati che vedono sottrarsi base imponibile dal punto di vista fiscale.

La Francia sta vedendo crescere il debito pubblico in modo robusto e il suo Presidente Macron deve far fronte a riforme sociali ostacolate da  forti tensioni sociali, il suo europeismo è a corrente alternata, l’Italia uscirà con un debito che sfiorerà il 160% del PIL e una struttura economico sociale stremata, la Spagna oltre al debito vedrà incrementare la disoccupazione e il divario economico sociale. I paesi ex comunisti Polonia ed Ungheria  stanno sfidando le regole base di nazioni democratiche,  condizione per restare  nell’Unione Europea. Il loro sviluppo nonostante l’antieuropeismo si è affermato grazie ai finanziamenti dei fondi europei ed un vantaggio competitivo dato da disomogenee fiscalità prime fra tutte quelle relative al costo del lavoro. Queste sono solo alcune delle problematiche e delle distorsioni più evidenti a livello europeo a cui dovremmo affiancare la situazione drammatica greca, quella irlandese con la gestione del confine a seguito della Brexit.

Sullo sfondo il problema irrisolto dell’immigrazione e le politiche ostili all’unificazione europea  americane e cinesi.

Insomma lo scenario è molto preoccupante e questa Europa è palesemente insufficiente. Ciò di cui avrebbe bisogno è di una classe dirigente coraggiosa che al di là delle soluzioni economico finanziarie delle diverse tipologie di bond, riprendesse in mano i trattati e li riformulasse in una visione e prospettiva federalista. E’ un lavoro di medio periodo, ma che non può più essere rinviato , occorre superare le cinque ipotesi presentate nel 2018 dal Presidente della Commissione Jean Claude Junker che qui si ricordano:

  •  “Avanti così”- Procedere con le attuali politiche
  • “Nient’altro che mercato unico” - concentrarsi sui benefici derivanti dalla rimozione delle barriere al commercio
  • “Chi vuole di più si impegni di più” - procedere con un’Europa a velocità multipla in cui i Paesi che vogliono fare passi avanti in alcune aree specifiche non debbano aspettare il consenso degli altri
  • “Fare meno e meglio” - selezionare un numero limitato di aree di intervento nelle quali gli Stati Membri vogliono procedere con maggiore integrazione e fare meno in altre aree politiche
  • “Fare insieme molto di più” - spingere l’integrazione in numero maggiore di aree

Anche le proposte più avanzate appaiono insufficienti.

Un continente che invecchia avrà il coraggio di fare quel salto di qualità e di progettualità di futuro che le circostanze impongono se non per saggezza almeno, non dico per paura , per necessità?

Fausto Delpero
Argomenti2000 -  Milano