2021: nel vero senso della speranza

Giovedì, 31 Dicembre, 2020

In questi giorni di fine 2020 la mia non più giovane età (64 anni inoltrati) mi permetteva di considerare il passato ormai in termini di storia e non più di opinione.
Mi frullava in testa la ricerca di un sottile filo conduttore che dagli anni settanta ha prodotto cambiamenti epocali nel nostro vivere quotidiano e individuavo nella parola “piccolo” il motore di grandi avvenimenti.
Un piccolo nucleo di brigatisti ha mutato il corso della politica italiana, un piccolo errore di comunicazione della ordinanza di apertura della frontiera berlinese ha prodotto la caduta del muro, un piccolo nucleo di islamisti radicali ha stravolto la vita americana e di tutti noi, un piccolo foglio di carta ha fatto nascere l’euro e la moneta unica, ed ora un invisibile virus ha generato dolore e insicurezza sociale paragonabile ad una guerra mondiale.
Sicuramente tutte piccole punte di iceberg sociali e naturali che sono stati nel bene e nel male l’esito visibile di movimenti sotterranei che da tempo vivevano nei meandri sospettati o rimossi della complessità politica, etnica, religiosa, finanziaria, sociale.
Il terrorismo in Italia, il rigetto della dittatura comunista, il radicalismo religioso, l’economia e finanza globale, lo sconvolgimento di leggi naturali riguardanti anche il corpo umano.
Il 2021 si apre già, rispetto alla pandemia, con le ormai ricorrenti dinamiche di pregiudizio confermativo di natura ideologica verso l’imminente vaccino e il desiderio di tornare alla vita normale.

Ogni evento ricordato, non ultimo quello che stiamo vivendo, apre un rituale mediatico e popolare recidivo: si aspira a resettare ogni sconvolgimento pur di tornare allo stadio compatti, a celebrare apericene rilassanti, a svolgere ripetitivi gesti di vicinanza sociale. Dall’altra parte si teme o si idealizza – il che spesso combacia – un nuovo avvenire colorato ordinariamente non da progettualità ma da asserzioni simil-ideologiche o sterili auspici.
Pensavo pure alla grandezza di questa dinamica piccolo/grande che in epoche ben più buie ha prodotto orizzonti impensati e stabilmente radicati nel futuro prossimo.
Negli anni mille, pochi monaci benedettini nel cuore del disfacimento di una cultura e organizzazione sociale e statuale, si sono ritirati in lugubri conventi situati in isolati territori e hanno scelto di salvare libri, cultura e agricoltura, gesto allora insignificante per chi aveva ottica di efficienza. Durante la dittatura fascista alcuni intellettuali dalle scelte storiche chiare e pagate di persona, si sono ritirati volontariamente o coattivamente e hanno pensato a cosa fare il giorno dopo: la costituzione, tuttora in vigore.

E che dire dei tanti oppositori alla dittatura comunista; basti pensare a Vaclav Havel che illumina e porta alle conseguenze questa nostra riflessione sul prima e il dopo con una laica riflessione:

“La speranza non è per nulla uguale all’ottimismo. Non è la convinzione che una cosa andrà a finire bene, ma la certezza che quella cosa ha un senso indipendentemente da come andrà a finire”.

Allora apriamo l’agenda 2021 e ne abbiamo abbastanza per percorrere comuni sentieri, amici di Argomenti 2000, per non trovarci impreparati al prossimo “piccolo”, non farci prendere dalla sterile efficacia del giorno dopo, dal vago ottimismo di una fede disincarnata, da convinzioni ideologiche sia positive sia pessimistiche.
Penso che ognuno di noi possa riempire l’agenda di priorità, appuntamenti, persone significative, relazioni, progetti: non ho l’autorevolezza per dettare agende.

Personalmente credo che occorra innanzitutto far tesoro della consapevolezza di quanto siamo fragili sia individualmente sia comunitariamente e far radicare questa consapevolezza nel profondo delle nostre convinzioni, nella struttura della nostra fede, nei fantasmi di potere che spesso ci accecano, nella progettazione politica, nella organizzazione della economia e tant’altro. Siamo agli inizi di questa riflessione, ma la dobbiamo concretizzare, passando al fuoco che salva l’essenziale e garantisce il senso della storia che ci precede e ci attende rispetto alla idolatria dell’attimo fuggente fatto di applausi vani e mero consenso televisivo o social.
Personalmente credo allora che occorra …pensare e per questo occorre tanta comunanza, maggior tempo dedicato alla riflessione comune, tempo dedicato ai fondamentali del sapere, l’uscita da una superficialità del sapere fino a ridare priorità ai percorsi formativi, alla ricerca ora anche scientifica e alla istruzione popolare.
Personalmente infine occorre ridare corpo e sostanza alla nostra scelta, quanto mai attuale, di progettare e proporre insistentemente la rimodulazione della organizzazione sociale e istituzionale con scelte personali rafforzate da un sentire comune.

Spero di non avervi annoiato, ma di avere spinto tutti noi a guardare con un volto pensoso ma anche sereno a questo nuovo anno, costruendo insieme nuove agende nel cuore della nostra storia italiana, che amiamo.

Buon anno.