È ancora possibile essere moderati?

Mercoledì, 13 Luglio, 2016

Non so… forse è il fatto che invecchio, ma troppe volte fatico a cogliere il senso di molte delle questioni politiche attuali. Oppure, più semplicemente, non me le spiegano bene.
Domenica ho letto su L’Unità l’intervista a Fioroni, dove il contenuto è ben riassunto dal titolo: “al Pd servono i moderati” e dove Fioroni candida i cattolici democratici a svolgere il compito di recuperare l’elettorato moderato. Non ho capito il perché di questa equiparazione tra cattolici e moderati. Le persone che fanno riferimento alla confessione cattolica o alla cultura che da essa si emana sono una realtà molto composita e plurale ed è un errore cercare di ridurla a una sola categoria politico-sociologica.
Innanzi a questa intervista e ai dieci punti programmatici riportato a fianco dell’intervista, mi sono chiesto : “ma oggi , dopo la devastazione economica e morale della crisi economica, la disoccupazione giovanile, le difficoltà che ogni giorno incontrano le famiglie nel generare, allevare e sostenere la vita dei figli , con il crescere delle povertà e disuguaglianze e innanzi alle problematiche sociali e umane che i processi migratori stanno sollevando, i cattolici possono ancora rifugiarsi nel moderatismo ? “. Confesso che più mi addentro nelle questioni sollevate dalla crisi che stiamo vivendo più mi allontano da molte delle convinzioni che hanno guidato il mio impegno sociale e politico.
L’uso del termine moderato contrasta con una realtà piena di trasformazioni radicali e profonde e forse nasconde l’adesione inconscia a una sorta di liberismo compassionevole e esprime la volontà a non procurare “fastidio “ai manovratori politici, economici e finanziari e ai cultori del “politicamente corretto”.
Oggi, infatti, debbo costare che dal discorso politico sono scomparse o marginalizzate le sensibilità sociali che caratterizzavano la presenza pubblica del cattolicesimo sociale, che anche quando non erano governo producevano pensiero e iniziativa sociale. Discutiamo molto di leggi elettorali, di riforma della costituzione che sono certamente questioni importanti ma che attengono all’ambito della politica, le questioni sociali del momento non suscitano lo stesso dibattito e sembrano si siano stemperate dentro una logica meramente amministrativa, di aggiustamento e di adeguamento alle esigenze dell’economia.
Nel giustificare la scelta verso l’orizzonte moderato si tende a rifarsi alle figure di De Gasperi e di Moro, i quali erano tutt’altro che dei moderati ma veri riformatori. Non dimentichiamo che De Gasperi fece la riforma agraria, creò l’Eni, lanciò il Piano Vanoni, impedì l’avvento dei clericali alla guida del paese mantenendo l’alleanza e il confronto con i “laici”. Il “centro” di De Gasperi guardava verso sinistra e non verso destra. Lo stesso Moro non può essere certamente considerato un moderato anche a lui s’addice il termine riformatore che è un di più rispetto al termine riformista oggi molto di moda.
Sono sempre più convinto che oggi il compito dei cattolici democratici non sia quello di fare la stampella moderata del centro sinistra, ma di concorrere con idee, proposte e mobilitazioni culturali di ampio raggio a generare “nuova offerta politica” fondata su un pensiero politico capace di scandagliare il futuro che avanza e che sia fortemente caratterizzata da una forte tensione sociale, dalla cura dei più deboli e da un rilancio del “principio emancipatorio” nei confronti delle nuove sudditanze che stanno affermandosi. Il terreno di iniziativa dei cattolici democratici non può che essere quello della libertà da determinarsi attraverso nuovi processi di liberazione delle persone.
Ancora oggi il Cattolicesimo democratico e sociale ha una ragione di essere solo se è in grado di testimoniare una “triplice fedeltà”: adesione alla chiesa e alla dottrina sociale attualmente arricchita del magistero di Papa Francesco, alla democrazia, agli strati più deboli della società.
La laicità dei cattolici democratici e sociali si è sempre manifestata non tanto nella distinzione tra laici e credenti, ma nelle scelte di giustizia sociale a livello nazionale, europeo e mondiale.
Non credo che il compito di quest’area sia quello di diventare la corrente moderata del Pd, ma di contribuire a superare le timidezze, i timori e di avanzare proposte audaci e provocatorie capace di arrestare lo scivolamento dall’economia sociale di mercato verso una società di mercato.
Credo che se ha ancora un senso l’esistenza dei cattolici democratici questa deve darsi un minimo di strutturazione senza divenire corrente di partito, ma come possibilità di contribuire con la presenza e la proposizione, alle scelte di espansione di una cultura di pace, di un rafforzamento dell’ideale dell’unità federale dell’Europa, alla promozione del lavoro come bene primario e non piegato alle sole ragioni di mercato. Il tutto dentro una chiara visione democratica e pluralista, capace di valorizzare la partecipazione dei cittadini e la funzione dei corpi intermedi.
Le sfide che si hanno di fronte sono delicate e difficili se articolano sulle questioni demografiche, sull’avanzamento pervasivo delle nuove tecnologia in tutti i campi compresi quelli che interessano direttamente la vita biologica, la cura e l’informazione. La politica non può limitarsi da emanare le leggi. La legge definisce ciò che è legale, ma non garantisce la verità.
Il potere politico è oggi messo in discussione da una società che sembra aver smarrito gli ideali di umanità, e non saranno le leggi elettorali e la riformulazione dei poteri istituzionali a ripristinare il valore e il senso della politica. C’è un compito importante che sta oltre le riforme e sta nel rimotivare la società civile, che non può essere vista solo come un serbatoio da cui trarre risorse per un impegno nei partiti e nel governo, ma come il campo in cui matura una coscienza politica autentica.
Un’area politica di centro sinistra potrebbe rafforzarsi nella misura in cui sarà manifesterà la sua propensione ad essere sempre più plurale e a mettere in condizione le diversità culturali che la compongono, a contribuire alla definizione di scelte da condividere. Ma per questo non servono sguardi verso la moderazione, ma capacità di innovare partendo dai bisogni reali delle persone, in particolare di quelle che più sono in difficoltà.